È il 1993. Bill Clinton è il presidente degli Stati Uniti, Jurassic Park sbanca i botteghini e la hit di Whitney Houston “I Will Always Love You” domina le radio.
Ma il 1993 è stato anche un anno memorabile per la ricerca sulla malattia di Huntington.

 

Più di 120 anni dopo che la condizione della malattia di Huntigton è stata descritta per la prima volta nella letteratura medica, i ricercatori hanno finalmente identificato la causa genetica di questa rara patologia neurologica: una mutazione del gene codificante per la proteina huntingtina.1

Questo “errore” genetico comporta la produzione di una forma tossica della proteina huntingtina, che a sua volta annienta i neuroni e provoca svariati sintomi.2 Questi sintomi si suddividono in tre categorie – cognitivi, comportamentali e motori – e includono compromissione della capacità di giudizio, alterazioni della personalità, depressione, problemi di equilibrio e difficoltà a parlare e a deglutire.3,4

I sintomi si sviluppano solitamente tra i 30 e i 50 anni di età, quando i pazienti sono nel pieno della vita, e il decorso della patologia è spesso fatale nell’arco di soli 20 anni.4 L’aspetto ancora più tragico riguarda la natura genetica della malattia di Huntington, la quale sottintende una possibile trasmissione dai genitori ai figli, con un impatto devastante che si propaga di generazione in generazione.4

Nonostante la rivoluzionaria scoperta della genetica alla base della malattia di Huntington oltre 25 anni fa, ancora non esiste una cura e i trattamenti approvati si limitano alla gestione dei sintomi.5

Allora perché questa scoperta deve ancora dare i suoi frutti ai pazienti?

“Semplicemente ci è mancata la tecnologia”, spiega Madhurima Benekareddy, Research Project Leader, Roche Pharma Research and Early Development (pRED). “Ma la situazione potrebbe presto cambiare. Roche sta lavorando su diverse terapie che si avvalgono delle ultime tecnologie per risalire alla causa alla radice della malattia”.

 

Preparare il terreno

L’obiettivo generale è ridurre la produzione della proteina huntingtina mutata agendo sul gene che la codifica, un settore della ricerca in cui Roche e il suo partner, Ionis, si sono dimostrati all’avanguardia, preparando il terreno con una delle più ampie sperimentazioni di fase III mai condotte sulla malattia di Huntington.

Ma questa e altre sperimentazioni di fase III già in atto non rappresentano la fine del percorso: c'è ancora molto lavoro da fare. Roche è interessata a esplorare una serie di nuovi approcci volti a ridurre la produzione della proteina huntingtina mutata, quali le piccole molecole ed eventualmente anche l’editing genomico. Tenendo conto di molti approcci diversi, l’obiettivo ultimo è dare a medici e pazienti una possibilità di scelta – scegliere i trattamenti più adatti ai singoli soggetti, a diversi stadi della malattia.

La nostra speranza è che i pazienti possano accedere a molteplici terapie potenzialmente rivoluzionarie.”
Madhurima Benekareddy

 

Quando esaminiamo nuovi trattamenti potenziali per la malattia di Huntington, ci atteniamo al nostro motto “Follow the Science”. Crediamo che così riusciremo a tradurre le scoperte scientifiche in medicinali in grado di rivoluzionare la vita dei pazienti.

 

Mettere i pazienti al centro

I pazienti non sono solo i potenziali benefattori di questi sforzi, ma costituiscono parte integrante dell’elaborazione della strategia e dell’approccio di Roche alla malattia di Huntington. 

In questo momento in cui la ricerca sta iniziando a dare delle risposte terapeutiche, l’ascolto dei bisogni dei pazienti e dei loro cari, diventa centrale per la definizione di un percorso di cura che abbia impatto anche sul miglioramento della qualità di vita”
Luisa De Stefano, Patient Partnership Lead Roche Italia

Fondamentalmente, nessuno conosce meglio dei pazienti e dei loro familiari cosa significhi convivere con la malattia. Il programma di Roche sulla malattia di Huntington non è solo un prodotto della ricerca scientifica e dei progressi tecnologici, ma il coronamento di numerose collaborazioni con pazienti, esperti esterni e altre aziende come Ionis.

 “Stiamo cooperando con la comunità per stabilire come valutare gli aspetti più importanti per i pazienti e applicarli ai nostri disegni sperimentali”, afferma Mai-Lise Nguyen, Senior Group Director, Patient Partnership – Rare Diseases at Roche. “Le nostre discussioni strategiche coinvolgono rappresentanti dei pazienti e della comunità, affinché le esigenze dei pazienti e della comunità rimangano al centro di tutto ciò che facciamo”.

È questa comunità che continua a ispirare la ricerca di potenziali trattamenti. Anche se siamo ancora agli inizi, con i risultati della sperimentazione di fase III in corso non previsti prima del 2022, Madhurima, Mai-Lise, Luisa e tutti i colleghi sono ottimisti rispetto all’impatto che le ultime ricerche potrebbero avere sui pazienti.

È un momento importante per la ricerca sulla malattia di Huntington. Personalmente, sono impaziente di scoprire cosa ci riserva il futuro.”
Madhurima Benekareddy

Referenze

MacDonald, M et al. A novel gene containing a trinucleotide repeat that is expanded and unstable on Huntington’s disease chromosomes. The Huntington’s Disease Collaborative Research Group. Cure 1993; 72(6): 971-983.

National Institute of Health (NIH). Huntington disease. [Internet; cited September 2019]. Available from: https://ghr.nlm.nih.gov/condition/huntington-disease#genes

Huntington’s Disease Association. Symptoms of Huntington’s disease. [Internet; cited September 2019]. Available from: https://www.hda.org.uk/huntingtons-disease/what-is-huntingtons-disease/symptoms-of-huntingtons-disease.

4. National Health Service. Huntington’s disease. [Internet; cited September 2019]. Available from: https://www.nhs.uk/conditions/huntingtons-disease/.

5. National Health Service. Treatment and support; Huntington’s disease. [Internet; cited September 2019]. Available from: https://www.nhs.uk/conditions/huntingtons-disease/treatment/.

 

Approfondimenti:

Scarica l'infografica "Riflettori sulla malattia di Huntington" . Per scoprire di più sulla malattia e le conseguenze sulla vita quotidiana.