Il tumore al polmone

Quante persone colpisce

Il tumore al polmone è una delle malattie oncologiche più diffuse. Per lungo tempo, infatti, le diagnosi di tumore al polmone hanno superato quelle di qualsiasi altra neoplasia a livello globale. Oggi si contano oltre 2,2 milioni di casi l’anno nel mondo.

Nel nostro Paese si stima che ogni anno colpisca più di 40.000 persone, ed è due volte più frequente negli uomini rispetto alle donne. È infatti al secondo posto per incidenza nella popolazione maschile e al terzo posto in quella femminile. Se, però, negli uomini l’incidenza è in diminuzione, nelle donne è in aumento: +3,4% in media l'anno.

Purtroppo la mortalità rimane la più elevata tra quella di tutti i tumori: ogni anno si contano quasi 1,8 milioni di decessi nel mondo per tumore al polmone (18% di tutte le morti per cancro, ossia una su 5), pari quasi a tutti i decessi per i tumori al seno, alla prostata e al colon-retto messi insieme. Di questi, 34.000 avvengono in Italia. La sopravvivenza a 5 anni del tumore al polmone è, infatti, ancora molto bassa anche nel nostro Paese: del 15% negli uomini e del 19% nelle donne.

Grazie alla ricerca, però, oggi è possibile avere una diagnosi accurata e personalizzata e sono disponibili molte innovazioni terapeutiche, come l’immunoterapia e le terapie mirate, in grado di aumentare sia la sopravvivenza sia la qualità di vita dei pazienti. Molti passi avanti, inoltre, sono stati fatti sul fronte della diagnosi precoce. La strategia più importante resta, in ogni caso, la prevenzione, soprattutto nei confronti del fumo di sigaretta.

Fattori di rischio

Come tutti i tumori, anche quello al polmone è una malattia multi-fattoriale: dipende, cioè, da più cause, alcune non ancora del tutto chiare. Tutti sappiamo che il fumo di sigarette è il fattore di rischio più importante, legato a circa l’80% dei casi. Non è però l’unico. Tra i fattori che possono concorrere allo sviluppo del cancro nei non fumatori ci sono:

  • il fumo passivo

  • l’esposizione al radon, un gas radioattivo presente in natura nel suolo e in alcune rocce

  • l’esposizione all’amianto (asbesto)

  • l’esposizione professionale ad alcune sostanze chimiche

  • una precedente radioterapia del torace

  • la presenza di malattie polmonari concomitanti

Un possibile ruolo sembra averlo anche l’inquinamento atmosferico (polveri sottili) e indoor.

Cos’è e come si sviluppa

Il tumore al polmone si forma a causa di alterazioni genetiche che insorgono nel DNA delle cellule dei bronchi, dei bronchioli o degli alveoli. Queste alterazioni a carico del DNA conferiscono alle cellule la capacità di replicarsi e crescere in modo incontrollato, formando così delle masse, e di diffondersi in altre parti del corpo, dando luogo alle metastasi.

Anche se la sede è la stessa, cioè il polmone, i tumori al polmone possono essere molto diversi tra di loro. In base alla morfologia (istotipo), si dividono in due grandi gruppi:

1 - Carcinoma polmonare non a piccole cellule (Non-Small Cell Lung Cancer - NSCLC)
di gran lunga il più diffuso, rappresenta circa l’85% dei casi.
A sua volta, questo tumore si classifica in altri sottogruppi, che possono essere trattati in modo differente. I tre principali sono:

  • Adenocarcinoma: il più comune, rappresenta circa il 40% dei casi. Ha origine nelle ghiandole endocrine.

  • Carcinoma a cellule squamose: rappresenta circa il 30% dei casi. Ha origine nell’epitelio bronchiale.

  • Carcinoma a grandi cellule (o indifferenziato): il più aggressivo, rappresenta circa il 10-15% dei casi.

2 - Carcinoma polmonare a piccole cellule (Small Cell Lung Cancer - SCLC), o microcitoma:
rappresenta il restante 15% dei casi, circa.
È la forma più aggressiva: cresce rapidamente e si diffonde precocemente in altre parti del corpo. Colpisce soprattutto le persone anziane, forti fumatori o ex fumatori, che presentano spesso altre comorbidità (ovvero patologie presenti oltre al tumore) di tipo polmonare e/o cardiovascolare.
I pazienti con una diagnosi di SCLC si presentano spesso con sintomi, come difficoltà respiratorie, tosse, affaticamento e perdita di peso, e con una malattia estesa già alla diagnosi. La sopravvivenza è purtroppo ancora limitata, ma l’immunoterapia ha segnato un punto di svolta nel trattamento di questo sottotipo di tumore al polmone.

I biomarcatori del tumore al polmone

Anche i tumori di uno stesso tipo istologico (istotipo), però, differiscono gli uni dagli altri, perché possono essere caratterizzati da diversi tipi di alterazioni a carico del DNA e/o delle proteine espresse. Ogni tumore è, quindi, unico.

Le alterazioni geniche e proteiche sono, quindi, dei biomarcatori (o marcatori biologici), perché permettono di caratterizzare la singola patologia, stabilire la strategia terapeutica più appropriata, comprendere l’evoluzione della malattia e fare previsioni sulla prognosi.

Dal punto di vista molecolare - e cioè delle alterazioni del DNA che caratterizzano il genoma della cellula neoplastica - i tumori al polmone sono infatti definiti oncogene addicted o non-oncogene addicted.

  • Tumori oncogene addicted: la sopravvivenza della cellula tumorale dipende fortemente dall’attività di un solo gene (definito driver).

  • Tumori non-oncogene addicted: la sopravvivenza della cellula tumorale  dipende dall’attività di molteplici geni e da molte e diverse vie di trasduzione del segnale, non direttamente legate a un singolo gene driver.

Nei tumori non a piccole cellule, sempre più spesso è possibile individuare l’alterazione genetica driver responsabile di ogni specifico tumore e impiegare farmaci diretti contro tale alterazione: le terapie target a bersaglio molecolare.
I biomarcatori proteici sono egualmente importanti e devono essere ricercati al momento della diagnosi di tutti i pazienti. Fondamentale, per esempio, è la presenza nel tumore della proteina PD-L1 (ligando di morte cellulare programmata-1), che permette di capire se un paziente è candidabile o meno all'’immunoterapia.

Come si fa la diagnosi

I sintomi

Tra i sintomi del tumore al polmone più comuni vi è la tosse persistente. Questo, però, non vuol dire che la tosse sia sempre presente, come molti credono: si tratta di uno dei tanti falsi miti sul tumore al polmone che è importante conoscere.

Altri falsi miti riguardano il fatto che il tumore al polmone non colpisca i giovani o che interessi solo i fumatori.

Gli altri possibili segnali della malattia sono

  • affanno

  • dolore al torace

  • infezioni polmonari

  • presenza di sangue nel catarro

  • abbassamento della voce (raucedine).

In alcuni casi possono essere accompagnati da febbre, calo del peso ingiustificato, stanchezza. È importante ricordare, però, che il tumore al polmone può essere anche del tutto asintomatico.

Screening: la diagnosi precoce è possibile

Studi clinici internazionali hanno ormai dimostrato che lo screening nei cosiddetti “forti fumatori” (o “forti ex fumatori”) è in grado di ridurre la mortalità del tumore al polmone. Lo screening, che è ancora sperimentale, si basa su un esame eseguito con TC (tomografia computerizzata) spirale a basso dosaggio di radiazioni che permette di individuare precocemente i noduli sospetti. Si tratta di una possibilità importante: purtroppo la maggior parte dei casi di tumore (più di due terzi) viene oggi scoperta in fase avanzata, quando le possibilità di guarigione sono limitate. Secondo le stime, lo screening permetterebbe ridurre la mortalità di oltre il 20% negli uomini e di oltre il 30% nelle donne.

Il percorso diagnostico

Il primo passo verso la diagnosi è sempre la visita clinica, in base alla quale il medico potrà prescrivere una TC (tomografia computerizzata) del torace (e, a volte, dell’addome superiore). In seguito, per confermare la diagnosi e identificare il tipo di tumore è necessario prelevare un campione tumorale tramite una biopsia che permette la valutazione in laboratorio da parte dell’anatomo-patologo e del biologo molecolare.

Le importanti scoperte degli ultimi decenni dei meccanismi di biologia molecolare e dei rispettivi biomarcatori di diverse malattie oncologiche, hanno impattato in maniera rivoluzionaria sulla tipologia dei quesiti diagnostici che oggigiorno gli operatori sanitari e i pazienti oncologici rivolgono ad un laboratorio di diagnostica clinica.
La disponibilità di nuovi test diagnostici più specifici, tra cui analisi morfologiche, indagini immunoistochimiche (colorazione del tessuto tumorale per evidenziare la presenza/assenza di specifiche proteine) e test molecolari, nel rilevare e tipizzare le malattie oncologiche ha favorito il passaggio da un modello clinico classico e generalizzato a un nuovo approccio diagnostico-terapeutico personalizzato, che si prefigge appunto l’obiettivo di fornire a ciascun paziente una cura personalizzata ancora più mirata ed efficace rispetto al passato o di indirizzarlo verso uno studio clinico.

L’avvento e l’utilizzo di biomarcatori nell’ambito della medicina personalizzata in oncologia è pertanto un interessante e fertile terreno scientifico che accomunerà sempre di più clinici e laboratoristi, con l’obiettivo comune di promuovere l’efficacia, l’appropriatezza e la sicurezza durante tutto il percorso del paziente oncologico.

L’importanza dei test molecolari per una diagnosi accurata e personalizzata

I test molecolari vengono effettuati sul DNA tumorale prelevato con la biopsia tessutale o, in alcuni casi, sul DNA tumorale circolante nel sangue periferico (ctDNA). Questa procedura, chiamata biopsia liquida, può essere effettuata a partire da un semplice prelievo di sangue.

I test molecolari possono ricercare in modo specifico una o poche alterazioni note, oppure possono analizzare contemporaneamente numerose regioni del DNA che contengono centinaia di geni. Questi ultimi test si servono della metodica di profilazione genomica chiamata(NGS), sempre più utilizzata nella pratica clinica, ma ancora oggi presente solo in una minoranza dei centri oncologici.

Nei pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) in stadio localmente avanzato o metastatico, attualmente vengono di norma ricercate solo poche alterazioni note di alcuni specifici geni. Sempre di più, però, si sta comprendendo l’importanza di ricercare anche altre alterazioni e offrire una profilazione genomica completa del tumore attraverso i test NGS.

Il motivo è che l’approccio al tumore al polmone si è rivoluzionato negli ultimi 10-15 anni ed è un continuo “work in progress”: i cambiamenti sono stati tanti e incalzanti, e nuove indicazioni terapeutiche continuano ad emergere in diversi setting di trattamento. In questo scenario è fondamentale essere proattivi nei confronti dei pazienti e disporre delle tecnologie che consentono di agire in modo tempestivo.

Le alterazioni molecolari driver

Mutazioni del gene EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor)

È il gene che codifica per il recettore del fattore di crescita dell’epidermide. Il “legame” tra recettore e fattore di crescita promuove la proliferazione delle cellule e le mutazioni di questo gene aumentano ancora di più tale attività. Le mutazioni si riscontrano nel 10-15% dei casi, in particolare nei pazienti non fumatori.

Riarrangiamenti del gene ALK (Anaplastic Lymphoma Kinase)

È il gene che codifica per una proteina chiamata Chinasi del Linfoma Anaplastico. Durante la replicazione della cellula può accadere che una parte di un altro gene (EML4) si stacchi e si unisca ad ALK, causando la sintesi di una proteina “difettosa” che promuove la proliferazione delle cellule tumorali. Questi riarrangiamenti sono presenti nel 3-7% dei casi dei tumori al polmone, in particolare in pazienti donne, giovani e non fumatori, deboli fumatori o ex fumatori e nel sottotipo “adenocarcinoma”.

Riarrangiamenti del gene ROS1

Questo gene codifica per un altro recettore con attività tirosino-chinasica. Anche in questo caso, una parte del gene può staccarsi e unirsi ad un altro gene, dando luogo a un recettore “difettoso” che promuove la crescita tumorale. I riarrangiamenti di ROS1 sono presenti nel 1-2% dei casi, in particolare in pazienti giovani, non fumatori, deboli fumatori o ex fumatori e nel sottotipo “adenocarcinoma”.

Riarrangiamenti del gene RET (REarranged during Tranfection)

Questo gene codifica per un recettore transmembrana tirosin-chinasico. Se, per errore durante la replicazione cellulare, si unisce ad altri geni, può portare alla sintesi di un recettore che aumenta fortemente la proliferazione tumorale. I riarrangiamenti di RET sono presenti nell’1-2% dei casi, più frequenti nel sesso femminile, nei non fumatori, deboli fumatori o ex fumatori e nel sottotipo “adenocarcinoma”.

Mutazioni e amplificazione del gene MET

Questo gene codifica per il recettore del fattore di crescita epatocitario, che ha un ruolo nei processi di sopravvivenza e diffusione delle cellule tumorali. Il termine “amplificazione” significa che le cellule tumorali presentano un numero elevato di copie del gene MET e, di conseguenza, del recettore. Le amplificazioni – così come alcune mutazioni – ne aumentano l’attività, promuovendo la crescita del tumore. Queste anomalie genetiche si riscontrano nel 2-4% dei casi.

Riarrangiamenti dei geni NTRK

Si tratta di tre geni (NTRK 1-2-3) che codificano per una proteina chiamata recettore della tirosin chinasi neurotrofica. Può succedere che uno di questi geni si fonda con altri geni, causando la produzione di una proteina difettosa (detta proteina di fusione TRK). Quando la proteina TRK alterata diviene attiva o sovraespressa, alimenta la crescita e la diffusione dei tumori. Le fusioni di NTRK sono dei biomarcatori “agnostici”, ossia sono driver della crescita dei tumori, indipendentemente dall’organo in cui questi si sviluppano. Le terapie target agnostiche, dirette contro questo “bersaglio”, permettono infatti di trattare i pazienti a prescindere dalla sede e dal tipo di tumore. Nel carcinoma polmonare, le fusioni si riscontrano nello 0,5-1% dei casi.

Mutazioni del gene KRAS

Questo gene codifica per una proteina che ha un ruolo importante nella regolazione della crescita cellulare. Le mutazioni si riscontrano nel 20-30% dei pazienti.

Mutazioni e amplificazioni del gene HER2 (Human Epidermal Growth Factor Receptor 2)

Questo gene codifica per il recettore di tipo 2 del fattore di crescita epidermico umano, presente in quantità insolitamente elevate sulla superficie di molti tipi di cellule tumorali. Una sua mutazione o un aumento del numero dello copie di questo gene porta a una maggiore proliferazione delle cellule tumorali. Queste anomalie si riscontrano nel 1-2% dei pazienti.

PD-L1: un altro biomarcatore importante

I test diagnostici possono rilevare anche la presenza di biomarcatori utili a prevedere l’efficacia dell’immunoterapia. Nei tumori al polmone non a piccole cellule un biomarcatore importante è PD-L1 (ligando di morte cellulare programmata-1), coinvolto nei meccanismi con cui il cancro “inganna” il sistema immunitario. PD-L1 è infatti parte di un sistema di controllo (checkpoint) che, se attivato, blocca la risposta immunitaria contro il tumore. Alcuni farmaci immunoterapici mirano proprio a “sbloccare” questo meccanismo: di conseguenza i livelli di PD-L1 (più precisamente la sua percentuale di espressione sulle cellule tumorali) aiutano i clinici a capire la candidabilità o meno di un paziente al trattamento immunoterapico.

Come si cura il tumore al polmone oggi

Il percorso terapeutico

Il percorso terapeutico cambia in base al tipo e allo stadio della malattia. In generale prevede:

  • Chirurgia: indicata nei pazienti con tumore in stadio iniziale o localizzato, in combinazione o meno con altri trattamenti.

  • Radioterapia: indicata nei pazienti in cui il tumore non può essere completamente rimosso chirurgicamente, di solito utilizzata in combinazione con altri trattamenti.

  • Chemioterapia: utilizzata per la maggior parte dei pazienti con malattia avanzata, in alcuni casi prima dell’intervento chirurgico per ridurre le dimensioni del tumore.

  • Terapia target: indicata nei pazienti con malattia avanzata che presentano specifiche alterazioni genetiche note.

  • Immunoterapia: indicata in pazienti selezionati con malattia avanzata, da sola o in combinazione con la chemioterapia.

La cura del tumore al polmone avanzato

Il trattamento del tumore al polmone in stadio avanzato è completamente cambiato negli ultimi 10 anni, ed è sempre più personalizzato. Fino a poco tempo fa, infatti, la chemioterapia rappresentava l’unica possibilità e aveva un’efficacia limitata. Oggi, invece, le terapie mirate e l’immunoterapia giocano un ruolo di primo piano. Nonostante gli importanti avanzamenti, il tumore al polmone resta una sfida aperta, sia per la clinica sia per la ricerca.

Terapie target a bersaglio molecolare

Per i pazienti con tumori non a piccole cellule che presentano le alterazioni dei geni EGFR, ALK, ROS1 e NTRK, le terapie target si sono dimostrate gli approcci più efficaci rappresentando lo standard terapeutico di prima linea.

Immunoterapia

Dopo oltre 40 sperimentazioni,si è dimostrata efficace laddove la chemioterapia aveva fallito, segnando un punto di svolta per diverse forme tumorali. È risultata superiore alla chemioterapia come trattamento di prima scelta nei pazienti con tumore non a piccole cellule che presentano elevata espressione di PD-L1. Per i pazienti con tumore al polmone a piccole cellule, invece, la combinazione di chemio e immunoterapia ha dato risultati importanti.

L’obiettivo dell'immunoterapia è quello di combattere il tumore stimolando dall’esterno il sistema immunitario, che è il naturale sistema di difesa del nostro organismo. Le cellule che appartengono al sistema immunitario in genere si attivano contro non solo le cellule infette ma anche contro le cellule tumorali, con lo scopo di eliminarle. Tuttavia, nel caso dei tumori, le cellule mutate adottano stratagemmi per ingannare questo sistema di controllo da parte del nostro sistema immunitario. L'immunoterapia si è dimostrata in grado di bloccare questo meccanismo di mascheramento delle cellule tumorali e quindi il sistema immunitario, non più ingannato, riesce a combattere il tumore.

Tumore del polmone e COVID-19

La pandemia da COVID-19 ha avuto - e continua ad avere - un forte impatto sulle persone con tumore. Per molti ha causato ritardi nella diagnosi e nella presa in carico. Ma non solo: il coronavirus SARS-CoV-2 colpisce soprattutto la capacità respiratoria, e i pazienti con tumore del polmone sono particolarmente a rischio di complicanze gravi e morte, in caso di infezione. I sintomi, primo fra tutti la tosse, infine, possono essere confusi e questo può portare a ulteriori ritardi. È fondamentale ricordare, invece, che quanto più la diagnosi è tempestiva, tanto maggiori sono le possibilità di cura.

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Carcinoma Polmonare

Referenze

  1. Dyfud Mark Davies, Chapter 29 - Targeted molecular therapy: the cancer paradigm, Clinical Molecular Medicine, Academic Press, 2020, Pages 497-503, ISBN 9780128093566,

  2. Goldstraw et al. The IASLC Lung Cancer Staging Project: Proposals for the Revision of the TNM Stage Groupings in the Forthcoming (Seventh) Edition of the TNM Classification of Malignant Tumours. Journal of Thoracic Oncology 2007; 2: 706_714.

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