Monza, 9 ottobre – Roche ha annunciato oggi che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di faricimab, il primo anticorpo bispecifico per uso oculare per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD) e dell’edema maculare diabetico (DME). Queste patologie retiniche colpiscono oltre 40 milioni di persone nel mondo, in Italia attualmente sono più di 500.000[1] e si stima, entro il 2040, che il numero aumenti fino a 1 milione di persone [1]. La nAMD e il DME sono due delle principali cause di riduzione grave della vista[,2,3,4,5] principalmente diffuse tra le persone con più di 50 anni, una parte di popolazione ancora pienamente attiva a livello sociale e lavorativo. La nAMD e il DME hanno infatti un impatto enorme sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro caregiver.
La degenerazione maculare legata all’età colpisce la macula, parte della retina deputata alla visione centrale nitida e dettagliata [2,6]. A seconda di come questa viene danneggiata, si distinguono due forme: ‘AMD secca’ e ‘AMD neovascolare o umida’. La AMD neovascolare o “umida” (nAMD) è la forma più avanzata e, se non trattata, può provocare una riduzione rapida e grave della vista.[7,8] Si caratterizza dalla crescita incontrollata di nuovi vasi sanguigni anomali sotto la macula, che causano gonfiore, sanguinamento e/o fibrosi.[8] Nel mondo sono circa 20 milioni le persone colpite da nAMD, che è la causa principale di una importante ipovedenza negli ultrasessantenni [1,2,3]. In Italia, colpisce prevalentemente la fascia d’età 65-69 anni e over 85 con un’incidenza rispettivamente del 2,1% [9] e del 3,7% [10]. Si stima che, con l’invecchiamento della popolazione mondiale, la malattia colpirà un numero ancora più elevato di persone su scala globale.[1,2,3] Anche l’edema maculare diabetico (DME) è una grave patologia della vista, una complicanza del diabete (tipo 1 e tipo 2). Nel mondo sono circa 21 milioni le persone che ne soffrono. Gli alti livelli di glucosio deteriorano i piccoli vasi sanguigni della retina che, una volta danneggiati, iniziano a sanguinare e riversare liquidi nella macula. L'accumulo di liquidi provoca quindi un edema[6,11]. Si prevede che il numero di persone affette da DME crescerà con l’aumento della prevalenza del diabete.[12]
Faricimab è il primo anticorpo bispecifico approvato per uso intraoculare [13,14]. Si caratterizza per il suo meccanismo unico a doppia azione, che neutralizza sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A), due vie metaboliche connesse a varie patologie retiniche, che contribuiscono alla perdita della vista determinando la destabilizzazione vascolare, che causa lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni permeabili e aumenta l’infiammazione [15,16].
Faricimab è stato sviluppato per stabilizzare i vasi sanguigni attraverso l’inibizione delle vie di Ang-2 e VEGF-A[15,16], riducendo così l’infiammazione, il leakage e la crescita di vasi anomali (neovascolarizzazione) in misura maggiore rispetto all’inibizione del solo VEGF-A[17]. Questa stabilizzazione duratura dei vasi sanguigni potrebbe migliorare il controllo della malattia e i risultati visivi e anatomici più a lungo nel tempo [17,18].
“L’approvazione di faricimab da parte di AIFA offre, dopo tanto tempo, la possibilità di proporre una nuova opzione terapeutica ai pazienti con nAMD e DME. Questo meccanismo d'azione innovativo che agisce sia sull’angiopoietina 2 (Ang-2) sia sul fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A), ha mostrato di garantire l’efficacia riducendo il numero di somministrazioni annuali di iniezioni intravitreali. Si tratta di un passo avanti importante per le persone con nAMD e DME e per l’intera comunità scientifica” ha commentato Giovanni Staurenghi, Ordinario di Malattie dell’apparato visivo dell’Università Statale di Milano, Ospedale Sacco.
Faricimab, infatti, secondo studi di fase III, è l’unico farmaco oculare iniettabile che permette al paziente con nAMD e DME di sottoporsi al trattamento a intervalli fino a quattro mesi[17,19,20], riducendo così il numero di iniezioni intraoculari annue. Sottoporsi con meno frequenza alle iniezioni, garantendo la capacità di mantenere e migliorare la vista nel tempo, potrebbe offrire ai pazienti, ai caregiver e al sistema sanitario la possibilità di accedere ad un piano terapeutico meno gravoso grazie a faricimab.[17, 20,21,22]
“Le persone con nAMD e DME spesso hanno difficoltà a rimanere aderenti al piano terapeutico, perché, con gli attuali standard di cura, devono frequentemente sottoporsi alle iniezioni intraoculari e fare visite mediche di controllo periodiche. La mancata aderenza terapeutica mette seriamente a rischio la vista dei pazienti – ha dichiarato Francesco Bandello, Direttore dell’Unità di Oculistica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Presidente Associazione Pazienti Malattie Oculari – L’approvazione di faricimab per i pazienti italiani e i loro caregiver, da questo punto di vista rappresenta un grande vantaggio, perché ha un meccanismo d’azione differente che potrebbe migliorare e proteggere la vista nel tempo con un minor numero di iniezioni”.
“L’approvazione di questa nuova terapia, rappresenta una grande opportunità per i pazienti e i caregiver – dichiarano Assia Andrao, Presidente di Retina Italia Odv e Massimo Ligustro, Presidente di Comitato Macula - Ci auguriamo che possa contribuire ad alleviare il burden di malattia nella gestione a lungo termine delle due patologie, garantendo così una migliore qualità di vita nel tempo”.
Ad oggi faricimab è attualmente autorizzato in oltre 60 paesi per il trattamento della nAMD e del DME.[23]Roche continuerà a studiare faricimab per valutare altre possibili aree in cui potrebbe essere impiegato per apportare ulteriori benefici ai pazienti, compresa l’occlusione venosa retinica.
“L'approvazione della rimborsabilità di faricimab in Italia è per noi un importante riconoscimento della attività di ricerca, sviluppo e dell’innovazione portata avanti da Roche in questi anni. Questa decisione da parte di AIFA, ci spinge a continuare sempre di più ad impegnarci in oftalmologia, con l’obiettivo di sviluppare terapie d’avanguardia per preservare la capacità visiva delle persone. Siamo, quindi, orgogliosi di poter rendere disponibile anche in Italia questa ulteriore opzione terapeutica innovativa”, conclude Anna Maria Porrini, Medical Affairs&Clinical Operations Head di Roche SpA.
Roche prevede un solido programma di sviluppo clinico di fase III per faricimab. Il programma include AVONELLE-X, uno studio di estensione degli studi TENAYA e LUCERNE volto a valutare la sicurezza e la tollerabilità a lungo termine di faricimab nella degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD), e Rhone-X, uno studio di estensione degli studi YOSEMITE e RHINE volto a valutare la sicurezza e la tollerabilità a lungo termine di faricimab nell’edema maculare diabetico (DME).[24,25] Roche sta inoltre valutando l’efficacia e la sicurezza di faricimab in soggetti con edema maculare da occlusione venosa retinica in due studi di fase III, BALATON e COMINO.[26,27] Roche ha inoltre avviato diversi studi di fase IV nel mondo, e lo studio VOYAGER, una piattaforma globale di raccolta dati del mondo reale.26-27 Roche supporta inoltre molti altri studi indipendenti al fine di comprendere meglio patologie retiniche per le quali sussistono urgenti esigenze ancora insoddisfatte.
TENAYA
Entrambi gli studi hanno raggiunto l’endpoint primario: faricimab somministrato a intervalli massimi di quattro mesi ha costantemente dimostrato di offrire miglioramenti dell’acuità visiva e anatomici non inferiori a quelli osservati con aflibercept somministrato ogni due mesi. Ambedue gli studi hanno valutato come endpoint secondario la percentuale di soggetti nel braccio faricimab che sono stati trattati con intervalli di somministrazione di tre o quattro mesi durante il primo anno. In particolare, nel primo anno, il 46% (n = 144/315) dei soggetti trattati con faricimab nello studio TENAYA e il 45% (n = 142/316) di quelli nello studio LUCERNE hanno potuto essere trattati ogni quattro mesi. Inoltre, rispettivamente il 34% (n = 107/315) e il 33% (n = 104/316) dei pazienti hanno potuto essere trattati ogni tre mesi. Complessivamente, durante il primo anno, quasi l’80% dei soggetti trattati con faricimab ha potuto essere trattato a intervalli di almeno tre mesi.
A due anni sono stati osservati miglioramenti della vista sovrapponibili tra i bracci di trattamento. Nello studio TENAYA, la media di miglioramento della vista a due anni è stata di +3,7 lettere della tavola ottometrica nel braccio faricimab e di +3,3 lettere nel braccio aflibercept. Nello studio LUCERNE, i miglioramenti medi della vista dal basale a due anni sono stati di +5,0 lettere nel braccio faricimab e di +5,2 lettere nel braccio aflibercept. Inoltre il 59% (n = 160/271) e il 67% (n = 192/287) dei pazienti trattati con faricimab rispettivamente nello studio TENAYA e nello studio LUCERNE hanno raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi a due anni. Questo dato rappresenta un aumento rispetto ai risultati a un anno, quando avevano raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi il 46% (n = 144/315) e il 45% (n = 142/316) dei pazienti trattati con faricimab rispettivamente nello studio TENAYA e nello studio LUCERNE. Il 15% (n = 41/271) e il 14% (n = 41/287) dei pazienti trattati con faricimab rispettivamente nello studio TENAYA e nello studio LUCERNE hanno altresì raggiunto intervalli di somministrazione di tre mesi a due anni. Complessivamente, alla fine del secondo anno, circa l’80% dei pazienti in terapia con faricimab poteva essere trattato a intervalli di almeno tre mesi. Faricimab è stato generalmente ben tollerato in entrambi gli studi, con un profilo beneficio/rischio favorevole. Negli studi TENAYA e LUCERNE, le reazioni avverse più comuni (≥ 3% dei soggetti) includevano cataratta, emorragia della congiuntiva, mosche volanti nel vitreo, distacco dell’epitelio pigmentato retinico, aumento della pressione intraoculare e dolore oculare. I risultati di sicurezza erano coerenti tra i bracci degli studi.
I dati a due anni degli studi TENAYA e LUCERNE sono stati presentati al congresso scientifico annuale dell’American Society of Retina Specialists del 2022. Questi dati saranno presentati all’Agenzia europea dei medicinali a tempo debito.
YOSEMITE
Entrambi gli studi hanno soddisfatto l’endpoint primario: faricimab somministrato a intervalli massimi di quattro mesi ha costantemente dimostrato di offrire miglioramenti dell’acuità visiva e anatomici non inferiori a quelli osservati con aflibercept somministrato ogni due mesi. Ambedue gli studi hanno valutato come endpoint secondario la percentuale di soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” che hanno raggiunto intervalli di somministrazione di tre o quattro mesi. In particolare, alla fine del primo anno, il 53% (n = 151/286) dei soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” nello studio YOSEMITE e il 51% (n = 157/308) di quelli nello studio RHINE hanno raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi. Inoltre, rispettivamente il 21% (n = 60/286) e il 20% (n = 63/308) dei soggetti hanno raggiunto intervalli di somministrazione di tre mesi. A due anni, il numero di soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” che hanno raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi è aumentato al 60% (n = 162/270) nello studio YOSEMITE e al 64% (n = 185/287) nello studio RHINE. Inoltre il 18% (n = 49/270) dei soggetti nello studio YOSEMITE e il 14% (n = 39/287) dei soggetti nello studio RHINE hanno raggiunto intervalli di somministrazione di tre mesi. Complessivamente, alla fine del secondo anno, quasi l’80% dei soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” poteva essere trattato a intervalli di almeno tre mesi.
Faricimab è stato generalmente ben tollerato in entrambi gli studi, con un profilo beneficio/rischio favorevole. Negli studi YOSEMITE e RHINE, le reazioni avverse più comuni (≥ 3% dei soggetti) includevano cataratta, emorragia della congiuntiva, mosche volanti nel vitreo, aumento della pressione intraoculare e dolore oculare. I risultati di sicurezza erano coerenti tra i bracci degli studi.
Roche si propone di preservare la capacità visiva minacciata dalle cause principali di perdita della vista tramite terapie all’avanguardia. Attraverso l’innovazione apportata alla scoperta scientifica in termini di nuovi potenziali bersagli farmacologici, medicina personalizzata, ingegneria molecolare, biomarcatori e sistemi di rilascio farmacologico continuo, ci impegniamo a sviluppare le terapie adatte per i pazienti più indicati.
In ambito oftalmologico possiamo vantare la più vasta pipeline di agenti per le affezioni della retina, guidata dalla scienza e basata sull’esperienza delle persone affette da malattie dell’occhio. Nella nostra pipeline si trovano terapie geniche e trattamenti per l’atrofia geografica e altre malattie che minacciano la vista, comprese patologie rare ed ereditarie.
Grazie alla nostra profonda esperienza, abbiamo già messo a disposizione di chi soffre di perdita della vista trattamenti oftalmici innovativi.
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