Monza, 08.05.2019
nuovi dati presentati dimostrano che la riduzione del rischio di progressione della disabilità è associata a una esposizione più prolungata a ocrelizumab e a livelli più bassi dei linfociti B
I dati a lungo termine dimostrano che il trattamento precoce con ocrelizumab riduce significativamente il rischio di progressione della disabilità permanente sia nella sclerosi multipla recidivante (SMR) che nella primariamente progressiva (SMPP).
Complessivamente, tra gli studi clinici e l’esperienza nella pratica clinica, oltre 100.000 persone con SM in tutto il mondo sono state trattate con ocrelizumab: i dati presentati al Congresso Annuale dell’AAN sottolineano un profilo beneficio-rischio coerente e favorevole.
Roche ha presentato oggi al 71° Congresso Annuale dell’American Academy of Neurology (AAN), che si tiene a Filadelfia, in Pennsylvania negli Stati Uniti, dal 4 al 10 maggio, i nuovi dati di ocrelizumab nel trattamento della sclerosi multipla recidivante (SMR) e primariamente progressiva (SMPP). Le nuove analisi condotte dimostrano che la capacità di ocrelizumab di ridurre il rischio di progressione della disabilità è associata a una esposizione più prolungata al trattamento e a livelli più bassi dei linfociti B, ed evidenziano l’impatto positivo di ocrelizumab nel ridurre significativamente la progressione della disabilità.
Con un’esperienza nella pratica clinica in rapido incremento e con oltre 100.000 persone con SM trattate in tutto il mondo, ocrelizumab è la prima e unica terapia approvata sia per la SM recidivante - SM recidivante remittente (SMRR) e SM secondariamente progressiva attiva o con recidive (SMSP) - che per la SM primariamente progressiva e con una somministrazione semestrale. Inoltre, i nuovi dati sulla sicurezza, relativi a 4.501 pazienti con SMR e SMPP per un’esposizione totale a ocrelizumab pari a 12.559 anni-paziente in tutti gli studi clinici, si mantengono coerenti con il profilo beneficio-rischio favorevole del farmaco.
“Quelli presentati sono i primi dati che dimostrano come una esposizione più prolungata a ocrelizumab è associata ad un maggior controllo della progressione della disabilità e questo senza avere un impatto sul profilo di sicurezza”, ha affermato Giancarlo Comi, Professore Onorario di Neurologia presso l’Università Vita e Salute e Direttore dell’Istituto di Neurologia Sperimentale, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano. “Questi dati, in linea con i risultati dei trial registrativi, costituiscono un argomento fortemente a favore dell’utilizzo del farmaco già dalle prime fasi della malattia e forniscono ai medici importanti informazioni fondamentali per orientare la scelta del trattamento più appropriato”.
I nuovi dati relativi alle analisi di farmacocinetica, farmacodinamica e di esposizione dimostrano che una esposizione più prolungata a ocrelizumab è correlata con livelli più bassi di linfociti B e con una progressione della disabilità inferiore nelle persone con SM. Nei pazienti con SMR, ocrelizumab, rispetto a interferone beta-1a, ha ridotto il rischio di progressione della disabilità confermata a 24 settimane (CDP24) per tutti i periodi di esposizione al trattamento; il rischio di progressione della disabilità è stato inferiore con una esposizione più prolungata a ocrelizumab.
Un andamento simile è stato osservato nelle persone con SMPP, nelle quali ocrelizumab ha ridotto il rischio di progressione della disabilità confermata a 24 settimane (CDP24) per tutti i periodi di esposizione al trattamento rispetto al placebo. Nelle persone con SMR e SMPP, ocrelizumab ha ridotto le lesioni T1 captanti gadolinio e le lesioni T2 nuove/in espansione rilevate mediante risonanza magnetica (RM) a livelli quasi non misurabili; nelle persone con SMR, ha ridotto a livelli molto bassi i tassi annualizzati di recidiva (0,13-0,18) per tutti i periodi di esposizione al trattamento. È molto importante osservare come i dati di sicurezza sono rimasti coerenti per tutti i periodi di esposizione a ocrelizumab, suggerendo che un’esposizione più prolungata al farmaco non aumenti la probabilità di eventi avversi.
“Il continuo impegno di Roche nella ricerca scientifica per il trattamento della sclerosi multipla è confermato da questi nuovi dati a lungo termine su ocrelizumab i quali vanno ulteriormente a rafforzare il profilo di efficacia e di sicurezza di questa nuova soluzione terapeutica. I nuovi dati presentati aggiungono importanti nuove informazioni sugli effetti del farmaco sulla progressione della disabilità permanente” dichiara Anna Maria Porrini, Direttore Medico di Roche SpA. “L'impegno di Roche non si limita alla sola ricerca scientifica nel trovare soluzioni terapeutiche all’avanguardia ma prosegue nell’ottica di offrire servizi che supportino nella quotidianità le tantissime persone che convivono con la sclerosi multipla”.
I dati a lungo termine, di oltre cinque anni, provenienti dalle estensioni in aperto (OLE) degli studi di fase III OPERA I, OPERA II e ORATORIO rispettivamente nella SMR e nella SMPP, dimostrano che il trattamento precoce con ocrelizumab riduce significativamente il rischio di progressione della disabilità permanente con un effetto che si mantiene nel tempo. Nel periodo OLE di OPERA I e OPERA II, la percentuale di persone con SMR con progressione della disabilità confermata a 48 settimane (CDP48) è stata inferiore nel gruppo trattato con ocrelizumab in modo continuativo (per un totale di cinque anni) rispetto a coloro che erano passati ad ocrelizumab dopo due anni di trattamento con interferone beta-1a nel periodo in doppio cieco (per un totale di tre anni di trattamento continuativo con ocrelizumab) (10,4% vs. 15,7%; p=0,004). Nel periodo OLE di ORATORIO, la percentuale di persone con SMPP con CDP a 48 settimane (CDP48) è stata inferiore nel gruppo trattato con ocrelizumab in modo continuativo per oltre cinque anni e mezzo rispetto a coloro che sono passati a ocrelizumab da placebo dopo il periodo di 120 settimane in doppio cieco (43,7% vs. 53,1%; p=0,03).
Inoltre, i risultati ad interim dello studio di fase IIIb OBOE (Ocrelizumab Biomarker Outcome Evaluation) nelle persone con SMR, mostrano che ocrelizumab ha ridotto la presenza dei biomarcatori di danno neuronale e di infiammazione presenti nel siero e nel liquor alle settimane 12, 24 e 52.
“I dati ad interim dello studio OBOE, suggeriscono che ocrelizumab sia in grado di ridurre il danno assonale in corso di malattia e l’infiammazione compartimentalizzata, oltre a limitare il reclutamento di nuove cellule del sistema immunitario, responsabili di nuove lesioni nel SNC”, ha affermato il Prof. Carlo Pozzilli, Responsabile del Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale S. Andrea di Roma. “Questi dati si aggiungono al crescente numero di evidenze che hanno l’obiettivo di identificare i biomarcatori di progressione di malattia nella SM e la loro significativa riduzione in corso di trattamento è un’ulteriore conferma del beneficio clinico dimostrato da ocrelizumab”.
Oggi ocrelizumab è approvato in 85 paesi tra Nord America, Sud America, Medio Oriente, Europa Orientale, Australia, Svizzera e Unione Europea.
I dettagli della sessione completa e l’elenco dei dati presentati al Congresso Annuale 2019 dell’AAN sono disponibili sul sito ufficiale del congresso: https://www.aan.com/conferences-community/annual-meeting/.
La sclerosi multipla
La sclerosi multipla (SM) è una malattia cronica che insorge quando il sistema immunitario aggredisce in modo anomalo la guaina mielinica, sostanza che isola le cellule nervose e le sostiene nel cervello, nel midollo spinale e nel nervo ottico, provocando infiammazione e conseguente danno. Questo danno può causare molteplici sintomi diversi tra loro, tra cui debolezza muscolare, facile affaticabilità e problemi di vista, determinando in ultima istanza disabilità. La maggior parte delle persone affette da SM manifesta i primi sintomi tra i 20 e i 40 anni di età, e questo fa della patologia la principale causa di disabilità d’origine non traumatica tra i giovani adulti.
La SMRR è la forma più comune di malattia ed è caratterizzata da fasi in cui si manifestano nuovi episodi con segni o sintomi (ricadute) o da un peggioramento seguiti da periodi di recupero. I casi di SMRR sono circa l'85% dei casi di SM diagnosticati. Nella maggioranza dei casi la SMRR evolve nella SMSP, in cui c’è un costante peggioramento dei sintomi nel tempo. Le forme recidivanti della malattia (SMR) comprendono la forma SMRR e la forma SMSP con ricadute. La SMPP è una forma debilitante della malattia caratterizzata da costante peggioramento dei sintomi, generalmente senza periodi distinti di remissione e successiva ricaduta. La SMPP riguarda circa il 15% di chi è colpito dalla SM. Fino all’approvazione di ocrelizumab da parte delle Autorità Regolatorie, la SMPP era orfana di trattamenti.
In tutte le forme di SM, chi ne è colpito subisce l’attività della malattia – infiammazione del sistema nervoso e perdita permanente di cellule nervose cerebrali – anche quanto i sintomi clinici non sono evidenti o sembrano non peggiorare. Un obiettivo importante nel trattamento della SM è quello di ridurre il prima possibile l’attività della malattia per rallentare la velocità di progressione della disabilità.
Ocrelizumab
Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato, progettato per colpire in maniera selettiva le cellule B CD20+, un tipo specifico di cellule immunitarie considerate tra le principali responsabili del danno alla mielina (ovvero la guaina protettiva che ricopre le fibre nervose isolandole e fungendo loro da supporto) e all’assone (prolungamento del corpo cellulare di una cellula nervosa), che si osserva nella SM e che determina disabilità. Sulla base di studi preclinici, ocrelizumab si lega al recettore CD20, espresso sulla membrana di alcune cellule B, ma non sulle cellule staminali o sulle plasmacellule, consentendo così di preservare importanti funzioni del sistema immunitario.
Ocrelizumab viene somministrato per infusione endovenosa ogni sei mesi. La prima somministrazione viene effettuata con due infusioni da 300 mg a due settimane di distanza l’una dall’altra. Le successive somministrazioni avvengono con infusione singola da 600 mg.
Roche nelle neuroscienze
Le neuroscienze rappresentano un importante ambito di ricerca e sviluppo per Roche. L’obiettivo dell’azienda è sviluppare opzioni terapeutiche basate sulla biologia del sistema nervoso che possano contribuire a migliorare la vita delle persone affette da malattie croniche e potenzialmente debilitanti. Roche ha attualmente in corso di sviluppo clinico più di una dozzina di farmaci sperimentali per il trattamento di malattie quali la sclerosi multipla, l’atrofia muscolare spinale, il disturbo dello spettro della neuromielite ottica, la malattia di Alzheimer, la malattia di Huntington, la malattia di Parkinson, la distrofia muscolare di Duchenne e l’autismo.
Il Gruppo Roche
Roche è pioniera a livello internazionale nell’ambito farmaceutico e diagnostico incentrato sui progressi della scienza finalizzati al miglioramento della vita delle persone. L’unione degli elementi di forza dei settori farmaceutico e diagnostico all’interno della stessa organizzazione ha portato Roche a essere leader nella medicina personalizzata, una strategia che mira a fornire il trattamento più appropriato per lo specifico paziente nel miglior modo possibile.
Roche è la più grande azienda di biotecnologie al mondo e produce farmaci altamente differenziati nelle seguenti aree: oncologia, immunologia, malattie infettive, oftalmologia e malattie del sistema nervoso centrale. Roche è anche leader internazionale nella diagnostica in-vitro e nella diagnostica oncologica su base tissutale, ed è all’avanguardia nella gestione del diabete.
Fondata nel 1896, Roche è alla ricerca continua di nuovi mezzi per prevenire, diagnosticare e trattare diverse malattie, garantendo un contributo sostenibile alla società. L’azienda mira inoltre a migliorare l’accesso dei pazienti a innovazioni di natura medica attraverso la collaborazione con tutti gli stakeholder interessati. Trenta medicinali sviluppati da Roche rientrano nell'Elenco dei Medicinali Essenziali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la WHO Model List of Essential Medicines, tra cui antibiotici salvavita, farmaci antimalarici e agenti antitumorali. Inoltre, per il decimo anno consecutivo, Roche è stata riconosciuta come l’azienda più sostenibile nel settore farmaceutico dai Dow Jones Sustainability Indices (DJSI).
Il Gruppo Roche, con sede a Basilea, in Svizzera, è presente in oltre 100 Paesi e nel 2018 contava circa 94.000 dipendenti in tutto il mondo. Nello stesso anno, Roche ha investito 11 miliardi di CHF in ricerca e sviluppo e ha realizzato un fatturato di 56,8 miliardi di CHF. Genentech, negli Stati Uniti, è controllata al 100% dal Gruppo Roche. Roche è l’azionista di maggioranza di Chugai Pharmaceutical, Giappone. Per maggiori informazioni, visitare il sito internet www.roche.com.
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