Il mondo della Medicina è stato rivoluzionato nella seconda metà del XX dall’arrivo degli antibiotici: introdotti su vasta scala negli anni Quaranta e Cinquanta, furono spesso chiamati “farmaci miracolosi” perché potevano trattare con successo un’ampia gamma di infezioni comuni, nonché malattie batteriche più gravi come la tubercolosi. Da allora, questa innovazione medica ha salvato milioni e milioni di vite umane in tutto il mondo.
Oggi quel miracolo sta svanendo. La nostra capacità di curare le malattie infettive è stata gravemente compromessa: se da un lato lo sviluppo di nuovi antibiotici è andato progressivamente diminuendo, sta invece aumentando il fenomeno dell’antibiotico resistenza che rientra nel concetto di AMR (Antimicrobial Resistance).
L’uso improprio degli antibiotici ed il loro abuso hanno portato al fenomeno delle resistenze e dei “super-bug”, ossia ceppi di batteri resistenti alla maggior parte degli antibiotici. Se questa tendenza dovesse continuare, secondo alcuni scienziati potremmo entrare in una “era post-antibiotica”1 in cui anche tagli o infezioni minori potrebbero rivelarsi fatali.
Gli antibiotici uccidono un gran numero di batteri sia dannosi che benefici nel corpo. I batteri più resistenti hanno maggiori possibilità di sopravvivenza e quindi hanno maggiori probabilità di moltiplicarsi in un ambiente con meno concorrenza: un concetto noto come pressione selettiva.2 Per questo motivo gli antibiotici dovrebbero essere utilizzati solo quando assolutamente necessario.
A livello europeo, l’Italia è il quinto Paese per il numero di casi di infezioni antibiotico resistenti.3,4
La sola diagnosi empirica delle infezioni basata sulla considerazione di segni e sintomi clinici non è in grado di differenziare in modo affidabile gli agenti batterici o discriminare tra batteri, virus e funghi,8,9 e può dunque portare innanzitutto ad una prescrizione inappropriata di antibiotici che si traduce in un ritardo nell’erogazione della giusta terapia al paziente e ad un aumento della resistenza antimicrobica.
Il Centers for Disease Control and Prevention stima che il 41% delle prescrizioni di antibiotici per quanto riguarda le infezioni respiratorie umane sia inappropriato.5,6
Il rapporto nazionale 2020 di AIFA sull’utilizzo degli antibiotici in Italia pur sottolineando un’importante riduzione del consumo degli antibiotici nel nostro Paese nel 2020 rispetto al 2019 (-18,2%) segnala come l’emergenza legata alla pandemia sembra abbia determinato un incremento del ricorso inappropriato agli antibiotici, soprattutto in ambito ospedaliero, con un possibile impatto negativo sulla diffusione di batteri con resistenza agli antibiotici.7
Eliminare l’utilizzo non necessario di antibiotici è essenziale per prevenire la comparsa di batteri resistenti ai farmaci ed una strategia chiave per contrastare questa tendenza può essere l’uso coerente e corretto dei test diagnostici.8
La diagnostica in vitro può svolgere un ruolo prezioso nel determinare rapidamente e in modo appropriato la corretta terapia, contribuendo a salvare la vita del paziente, e contemporaneamente supportando la lotta alla resistenza antimicrobica.
Esistono test per l’identificazione rapida e appropriata della causa dell’infezione:
Test per biomarcatori quali Interleuchina-6 (IL-6) e Procalcitonina (PCT), eseguibili in laboratorio da un semplice prelievo di sangue venoso. In particolare, la PCT permette sia di discriminare tra un’infezione batterica e una virale, sia di valutare la severità dell’infezione in corso e di monitorare l’efficacia della terapia guidando la sospensione degli antibiotici, e promuovendone così un uso appropriato.
Test molecolari (quali ad esempio quelli che usano la tecnologia PCR*) che danno informazioni molto dettagliate sullo specifico patogeno causa dell’infezione, rilevandone direttamente gli acidi nucleici (DNA, RNA) e consentendo di identificare in maniera rapida e appropriata il corretto percorso terapeutico. L’analisi molecolare consente inoltre, in alcuni casi, di identificare la presenza di eventuali mutazioni del genoma dell’agente infettivo, che lo rendono resistente a determinati classi di antibiotici.
Test per il biomarcatore della proteina C-reattiva, può essere anche condotta con strumentazione di diagnostica point-of-care, ossia quella effettuabile in strutture sanitarie decentralizzate (es. Pronto soccorso). Queste soluzioni di diagnostica contribuiscono a fornire a un numero sempre maggiore di professionisti sanitari operanti sia in ambito intra-ospedaliero che pre-ospedaliero informazioni fondamentali per la corretta terapia.
La reazione a catena della polimerasi (PCR) è una tecnologia diagnostica in biologia molecolare che ha lo scopo di creare nuove molecole di acido nucleico, RNA o DNA, in modo che esso sia facilmente rilevabile, partendo dai più disparati campioni biologici, ad esempio sangue o saliva. La tecnologia PCR è ampiamente utilizzata nell’ambito delle malattie infettive in quanto risulta particolarmente adatta alla precisa individuazione di virus, batteri o altri patogeni che possono causare un’infezione.
La tecnologia PCR, che ha ricevuto il Premio Nobel nel 1983, è riconosciuta come uno dei progressi scientifici più importanti del 20° secolo.
In passato, la PCR era un processo delicato e laborioso e necessitava di laboratori dedicati e di tecnici altamente specializzati. Oggi, grazie alle innovazioni tecnologiche e all'alta automazione del processo, la PCR è un test che si può eseguire rapidamente e che non richiede spazi né personale specializzato.
L’individuazione rapida del patogeno causa dell’infezione (batterio, virus o fungo) e della eventuale presenza di di sequenze geniche (del patogeno) che portano a resistenze agli antibiotici:
permette di definire una terapia mirata ed efficace, consentendo un’ottimizzazione della gestione del paziente con conseguente riduzione della degenza in ospedale e dei costi associati all’ospedalizzazione sostenuti dal Sistema Sanitario Nazionale;
è un fattore chiave dell’antimicrobial stewardship , approccio che si riferisce ad una serie di interventi coordinati, che hanno lo scopo di promuovere l’uso appropriato degli antimicrobici e che indirizzano nella scelta ottimale del farmaco, della dose, della durata della terapia e della via di somministrazione.
Riferimenti
1.WHO’s first global report on antibiotic resistance reveals serious, worldwide threat to public health, News release, 30 April 2014.
2.Alliance for the Prudent Use of Antibiotics (APUA).
3.
4.PNCAR 2022:
6.Schneider et al, Application of a simple point-of-care test to reduce UK healthcare costs and adverse events in outpatient acute respiratory infections JOURNAL OF MEDICAL ECONOMICS 2020, VOL. 23, NO. 7, 673–682
7.
8.Roche. The role of diagnostic testing in an era of antimicrobial stewardship. Available at:
9.Michael C.A., et al. The antimicrobial resistance crisis: causes, consequences, and management. Front Public Health. 2014; 2:145. Available at: doi:10.3389/fpubh.2014.00145