Secondo la più recente rilevazione ISTAT sono quasi 100.000 le persone senza tetto censite in Italia, in maggioranza uomini, di cui il 62% cittadini italiani. Quasi 100.000 persone che, nei fatti, non godono a pieno dei loro diritti e che non sono uguali davanti alla legge. E ce ne sarebbero almeno altrettanti non censiti e privi di residenza. Ora, dopo un’attesa di circa quindici anni, la legge 176 promette loro di colmare un divario che si aggiungeva ai tanti che separano dalla “normalità” questi cittadini già emarginati.
«Avrò cura di te: l’assistenza sanitaria per persone senza dimora in Italia» è il titolo dell’evento che Fondazione Roche ha organizzato a Milano per diffondere la conoscenza della recente legge 176 del 2024, testo che riconosce il diritto all'assistenza sanitaria alle persone senza dimora. L’occasione ha visto alternarsi i racconti di tanti esponenti del terzo settore e delle istituzioni alle domande della giornalista Tiziana Ferrario, che ha moderato l’incontro con il suo piglio sempre concreto. Il risultato è stato un ampio confronto su opportunità, sfide e prospettive di una normativa a suo modo storica, perché riporta all’essenza del dettato costituzionale e riconosce come superiore e inviolabile il diritto degli individui a stare in salute, indipendentemente da dove decidano o, soprattutto, siano costretti a vivere.
La legge 176/2024 è stata approvata dal Parlamento il 6 novembre scorso e prevede di finanziare un programma sperimentale che consenta alle persone senza dimora di iscriversi nelle liste degli assistiti delle Aziende Sanitarie Locali, con la possibilità di scegliere il medico di medicina generale e accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (LEA). Questa legge è stata fortemente voluta e supportata da Avvocato di Strada ODV, una realtà nata a Bologna nel 2007 sull’esperienza avviata già nel 2001, per offrire tutela legale gratuita alle persone che non hanno una residenza. Il presidente è l’avvocato Antonio Mumolo, che nel corso dell’evento ha ricordato come Avvocato di Strada sia oggi lo studio legale più ampio d’Italia - diffuso in 60 città (presto 62) con oltre mille avvocati volontari - attivo per tutelare i diritti degli invisibili. Senza una residenza, infatti, non si ha una carta di identità, e senza una carta di identità non è possibile esercitare quei diritti – come quello alla salute – sanciti dalla nostra Costituzione per tutti, indipendentemente dallo status di cittadini.
La burocrazia non perdona
Com’è possibile ritrovarsi a essere invisibili? Chiunque finisca a vivere in strada in un tempo più o meno lungo perde la residenza e, se non si attiva seguendo procedure amministrative complicate e spesso arbitrarie, viene cancellato dall'anagrafe del suo comune, perdendo così la carta di identità e, contestualmente, una serie di diritti tra cui quello al voto e quello alla salute. In base alla legislazione vigente, infatti, condizione essenziale per accedere ai servizi ASL è la residenza – certificata – nello stesso territorio dell'azienda sanitaria, che consente tra le altre cose la scelta del medico di base. Chi è senza tetto, e dunque senza residenza, per curarsi può ricorrere solo al pronto soccorso. Questo comporta almeno due tipi di criticità. Da un lato c’è un sovraccarico per i medici di questi reparti e un costo stimato per ogni singolo intervento che arriva mediamente fino al quadruplo di quello annuale per ogni paziente di un medico di medicina generale: il costo di un singolo intervento al pronto soccorso è infatti stimato fra i 250 e i 400 euro, mentre un medico di base costa all’anno 80€ per ogni cittadino che cura. Dall’altro, il PS non è in grado di fornire cure continuative per malattie come il diabete, la tubercolosi e le epatiti, che spesso colpiscono le persone senza fissa dimora anche in relazione alle condizioni in cui vivono e sopravvivono.
Quindici anni di battaglia per i diritti
Per mettere fine a questa grave ingiustizia quindici anni fa è partita una battaglia che ha visto in prima linea associazioni come Avvocato di Strada e politici come il deputato Marco Furfaro, primo firmatario della normativa. Insieme, il 6 novembre 2024, sono riusciti a raggiungere l’approvazione all’unanimità da parte del Parlamento italiano della legge 176 che ha istituito un fondo, con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, per finanziare un programma sperimentale che consenta alle persone senza fissa dimora di iscriversi nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali, la scelta del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, nonché l'accesso alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (LEA). In questa prima fase la legge non include i cittadini stranieri senza permesso di soggiorno e si applica alle sole città metropolitane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia. Questo anche in considerazione del fatto che sono le città più grandi quelle in cui si trova il maggior numero di senzatetto.
Tutelare i diritti di tutti
“La sfida adesso è fare in modo che tale legge venga estesa in tutte le regioni italiane”, spiega Antonio Mumolo, Presidente dell’Associazione Avvocato di Strada ricordando anche la precedente legge regionale adottata a partire dal 2011 in Emilia Romagna e poi in Calabria, Marche, Abruzzo, Puglia e Liguria. “Tutelare i diritti dei deboli significa tutelare i diritti di tutti noi”, continua Mumolo che sottolinea anche come questa legge consenta di salvare vite, garantire la salute e utilizzare meglio le risorse: “Gli interventi di pronto soccorso costano di più sia singolarmente, sia rispetto alle cure continuative di patologie che, con un medico di base, si possono scoprire prima e affrontare meglio”.
E Mumolo porta anche un esempio concreto dell’azione virtuosa della legge, a partire da un caso che ha seguito personalmente a Bologna: “Sembra che parliamo di cose astratte ma noi abbiamo seguito il caso di un uomo che viveva in uno scantinato: non un senza tetto ma per il comune senza una residenza, perché il locale non ha ovviamente l’abitabilità. Ebbene, quest’uomo a un certo punto comincia a stare male e viene seguito inizialmente da un’associazione di medici volontari: il sospetto è quello che abbia un tumore ma serve l’impegnativa di un medico di base per accedere agli accertamenti. Per fortuna in Emilia Romagna era già stata approvata la legge e così i servizi sociali di Bologna hanno potuto assegnare un medico al signore in questione, che ha poi potuto essere curato che effettivamente aveva. È importante capire come, da un lato, queste siano situazioni più frequenti di quanto pensiamo e, dall’altro, come la cura tempestiva e la prevenzione – come ha insegnato il Covid – consenta di proteggere maggiormente la comunità e la salute di tutti”.
Comunicare a tutti la legge
Fondamentale sarà ora comunicare tempestivamente la nuova possibilità attraverso i servizi sociali e le associazioni di volontariato come i centri di ascolto Caritas e i punti di accoglienza dell’Opera San Francesco. Anche per questo Avvocato di Strada ha chiesto supporto a Fondazione Roche, che ha come missione proprio la tutela del diritto alla salute. “Come Fondazione Roche”, ha commentato la presidente Mariapia Garavaglia, “siamo da sempre attenti alle disuguaglianze in ambito sanitario perché permettere che alcuni cittadini restino indietro per motivi di appartenenza sociale, geografica, economica o di qualsiasi altro tipo è una sconfitta per la collettività”. “La legge 176/2024”, ha continuato Garavaglia, “vuole garantire un diritto umano, cioè il diritto alla salute e così entra nella logica della nostra Costituzione che riconosce proprio la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Fino a questa legge c’era un vuoto da colmare. Occorre implementarla quanto prima attraverso il lavoro delle Regioni".
Garantire i diritti e fare cittadinanza attiva
“Partendo dal presupposto che le persone non sono né la propria malattia, né la propria povertà, né la propria condizione economica complicata, abbiamo fatto questa legge per dare loro un punto di partenza da cui ricominciare: l’assistenza sanitaria”, ha affermato nel corso del suo intervento l'On. Marco Furfaro, primo firmatario della normativa in questione: “Si tratta di dare un messaggio chiaro al Paese, cioè che a fronte di una difficoltà lo Stato non solo garantisce un diritto primario come quello alla salute, ma lo garantisce affinché sia anche uno viatico per uscire dalla condizione di senza dimora”.
A ben vedere la legge approvata è un grande risultato di cittadinanza attiva, quel modo di vivere la propria comunità in maniera estesa sapendo guardare oltre il proprio quotidiano, per considerare anche quello delle persone che vivono in difficoltà. Dare supporto alle realtà che fanno cittadinanza attiva è un’attività particolarmente affine a Fondazione Roche e al suo impegno di sviluppare iniziative che pongano sempre il paziente e le sue necessità al centro, per portare alla luce sia le risposte che il Sistema Sanitario Nazionale e l’ordinamento giuridico possono dare ai bisogni di diagnosi, cura, assistenza e attenzione, sia le limitazioni che possono subire i diritti del cittadino in una condizione di fragilità e disabilità.