L'impegno di Roche in ricerca in una parola: evoluzione. Intervista a Simona Re e Noemi Porrello.

Lo sviluppo di soluzioni innovative per i pazienti di oggi e di domani rimane l’impegno che caratterizza Roche dalla sua fondazione e che orienta gli investimenti del gruppo. A livello italiano, il nostro contributo ai programmi di sviluppo registrativo è stato significativo e, nel contempo, abbiamo investito in studi più specificamente legati al contesto nazionale.

Abbiamo chiesto di approfondire il tema a Noemi Porrello, responsabile della Evidence Generations Unit locale, e a Simona Re, che rappresenta e guida il gruppo di Global Clinical Operations che opera in Italia.

Iniziamo subito dai numeri: qual è la dimensione dell’impegno di Roche nella Ricerca?

Simona Re: Con 82 nuove entità molecolari (NME) e un totale di 146 programmi, la pipeline Roche rimane tra le più ampie del settore anche in termini di varietà di approcci terapeutici. Il Gruppo Roche mantiene immutato da anni il proprio impegno in ricerca e sviluppo con investimenti che si sono attestati nel 2023 attorno agli 11.5 miliardi di franchi svizzeri. Sebbene l'oncologia sia rimasta l’area principale con un ruolo ancora centrale giocato dall’immunoterapia, sono cresciuti gli investimenti anche in aree ormai consolidate quali neuroscienze, oftalmologia e immunologia.

Accanto allo sviluppo di nuove molecole, Roche è impegnata nella generazione di evidenze a livello locale. Con quali obiettivi principali?

Noemi Porrello: I piani di sviluppo clinico internazionali hanno il principale obiettivo di portare nuovi medicinali alla registrazione. Garantirne poi un accesso il più possibile rapido e un’adozione adeguata, appropriata e sostenibile a livello locale è compito del singolo paese. La nostra Evidence Generation Unit contribuisce a disegnare e condurre progetti che possano rispondere a quesiti di ricerca rilevanti, migliorare la pratica clinica, dimostrare ulteriormente il valore delle nostre terapie e valutarne l’impatto clinico, economico e organizzativo. Nel contempo, gestiamo i programmi di uso compassionevole, che hanno un altissimo valore clinico perché garantiscono a pazienti privi di valide alternative terapeutiche l’accesso a farmaci efficaci e innovativi prima che siano immessi in commercio.

Un focus sull’Italia?

Simona Re: In termini di contributo ai programmi di sviluppo registrativi, l’Italia ha avuto un’ottima performance, posizionandosi tra i primi 10 Paesi dell'universo Roche per nuovi pazienti arruolati negli studi interventistici con intento registrativo. Questo risultato è particolarmente rilevante perché il 2023 è stato sfidante dal punto di vista del cambiamento del contesto regolatorio; abbiamo avuto la piena attuazione di ben tre Regolamenti Europei: uno sui Dispositivi Medici, uno sui Dispositivi Diagnostici in Vitro e uno sulle Sperimentazioni Cliniche (Clinical Trial Regulation). Quest’ultimo ha introdotto una epocale riorganizzazione del sistema nell’intento, da una parte, di creare un ambiente favorevole alla conduzione delle sperimentazioni cliniche in Europa attraverso una coerenza nelle norme e, dall’altra, di garantire tempistiche certe e stringenti nella valutazione e nell'approvazione degli studi. Come in tutti i momenti di grande evoluzione, si è attraversato un periodo di assestamento, che la nostra organizzazione ha saputo assorbire e trasformare in opportunità, guidando e supportando i numerosi tavoli di confronto sul tema. In questo contesto, grazie alla collaborazione con più di 180 centri di ricerca, sono stati condotti 168 studi clinici che hanno coinvolto quasi 4.000 pazienti. Un bellissimo risultato, non scontato.

Noemi Porrello: Userei la parola evoluzione per definire l’approccio di Roche e la declinerei almeno in tre ambiti: evoluzione del nostro portfolio studi locale, che è stato caratterizzato da un incremento delle attività in ambito Real World con 14 studi osservazionali, 15 progetti di ricerca e il coinvolgimento di più di 1.300 pazienti; evoluzione della nostra unità di evidence generation, che così strutturata esiste da meno di due anni e che nel 2023 ha investito su competenze ancora più solide, che quotidianamente mette a disposizione dell’organizzazione, e su una sempre più efficace integrazione con i team di patologia; evoluzione delle metodologie di ricerca e delle partnership, poiché abbiamo esplorato nuove fonti dati e mantenuto il focus anche sul supporto alla ricerca indipendente (25% del nostro portfolio, in termini di numero di studi), incrementando le collaborazioni in progetti di Real World. 

Quali sono le sfide per il futuro?

Proseguiremo il percorso già avviato, mantenendo un focus particolare sulle aree che in questo momento ci vedono più impegnati nell’avvio di nuove progettualità: ematologia, sclerosi multipla, tumore del polmone e oftalmologia. La sfida principale è essere costantemente all’altezza di mettere a disposizione dei decisori (clinici, payer, istituzioni) per tempo evidenze utili e di qualità, che possano informare e orientare le scelte. Sembra scontato e invece è una sfida complessa, perché il contesto sanitario nel quale operiamo sta drasticamente cambiando, almeno per due ragioni. 

La prima: le soluzioni terapeutiche sono sempre più efficaci e innovative, ma spesso richiedono che il sistema si prepari con anticipo a svilupparle - partecipando alla ricerca clinica - e poi a recepirle, in termini di figure professionali sanitarie e relative competenze, sostenibilità e organizzazione dei percorsi di cura. La ricerca deve in questo senso essere in grado di integrarsi in anticipo nell’organizzazione sanitaria, stimolando un dialogo precoce e multidisciplinare; deve altresì fornire evidenze solide, per supportare le migliori scelte terapeutiche, ad esempio in termini di popolazione target, esiti attesi, rapporto rischio-beneficio.

La seconda ragione riguarda l’evoluzione digitale e l’uso secondario dei dati: il PNRR, in linea con la strategia europea, sta sostenendo una drastica riorganizzazione dei sistemi di raccolta dati sanitari e un ruolo crescente per la medicina digitale nei percorsi di cura. Questi aspetti avranno un potenziale effetto positivo anche in relazione alla ricerca, semplificando e accelerando la generazione di evidenze e consentendo che tali evidenze vengano frequentemente aggiornate. Perché ciò accada, si dovranno con urgenza superare le barriere normative e di competenza ad oggi presenti. 

Roche è senza dubbio un interlocutore di riferimento sul tema ricerca in Italia e mira a mantenere il proprio ruolo di primo piano in questo ambito, contribuendo - attraverso il dialogo istituzionale - a creare le condizioni necessarie perché il nostro Paese sostenga e porti avanti con efficacia il processo di rinnovamento organizzativo già avviato.

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