Anna Sofia è una bambina perfetta. Come tutti i neonati sanno essere. Un mix di mamma e papà. Con una gioia di vivere contagiosa, perché ogni giorno è fatto di nuove scoperte. Per lei e per i genitori. Le sue manine curiose cercano di afferrare i pupazzi, le campanelle, una mano.
Anna Sofia è una bimba precoce, attenta e sempre pronta a esplorare e imparare. Dorme profondamente, nemmeno si sposta nella culla. La trovano sempre nello stesso posto. La sua esplosione di vita merita un sonno rigenerante. I bimbi crescono in un attimo. Tra qualche settimana comincerà a gattonare, a stare in piedi, a fare i suoi primi passi. Correrà verso le braccia di mamma e papà.
Ma a due anni ancora non cammina. Anna Sofia dice le prime parole ed è sempre una bambina curiosa e intelligente. Ma non muove le gambe. “È normale, ogni bambino ha i suoi tempi”, dicono i pediatri. Ma c'è qualcosa di diverso, che non si riesce a cogliere. Si fanno esami, controlli e i mesi passano. Poi ancora nuovi esami e nuovi specialisti.
Atrofia muscolare spinale,
Anna Sofia entra in un programma sperimentale. È tra i primi cinque bambini in Italia a ricevere un farmaco innovativo. Quello che per i genitori è il “farmaco della speranza”. E così, giorno dopo giorno, Anna Sofia comincia a muovere le gambe, che non aveva mosso prima. I progressi sono lenti, ma costanti.
La speranza di andare oltre la malattia rara cresce con lei. Grazie alla scienza e alla ricerca ogni passo di Anna Sofia è un passo avanti verso un futuro senza resa.
Una vacanza speciale
E poi c’è la storia di Mattia, ma anche di Giovanni, Lorenzo, Samuele, Pietro, Nicola… Una colonia, estiva per l’appunto: quella dove questi bambini sono venuti a mostrare il loro coraggio: trascorrere una settimana lontano dalle loro famiglie e giocare a più non posso tra pallone e piscina. Arrivano da città diverse, scuole lontane, paesi talvolta sconosciuti ma hanno tutti un obiettivo: vivere il maggior numero di avventure quotidiane. Tra queste, anche una cosa nuova da imparare, importantissima: gestire in autonomia
Essere unici, sempre e comunque
Mai da sola: Chiara è sempre con qualcuno. Cinema, karaoke, shopping e cene fuori. Anche le vacanze. Una ragazza giovane e che si gode la vita. Ma prima di iniziare qualsiasi progetto ha bisogno di una lista di tutti i bagni accessibili.
"Ho solo bisogno di avere qualcuno al mio fianco per aiutarmi quando devo salire le scale, andare in bagno e mangiare", racconta. Tutto questo però non la ferma e non la fa sentire in imbarazzo e ha un grande insegnamento da dare a chi le sta vicino: "Non posso abbracciare le persone quando voglio, ma posso aiutarle spiegando come possiamo fare le cose insieme".
Essere unici come persone, non perché pazienti di una patologia rara. La storia di
"Credo sia l'unico sport che mette tutti sullo stesso piano, non ci sono più differenze, non esistono più le categorie uomini o donne, persone normodotate... questa etichetta così strana". Anche l'esperienza sportiva di Donato nel powerchair football, che si pratica guidando carrozzine elettriche e sfidandosi con una palla a suon di gol, è segnata dalla passione. E dalla voglia di stare insieme agli amici e ai tifosi.
"Se vuoi giocare anche tu dovrei spezzarti le gambe!", scherza Donato, che poi torna serio: "Questo sport è assolutamente inclusione". Persone uniche, non perché portatrici di una malattia rara come la SMA bensì perché la loro determinazione li rende unici. E vincenti.
"Vincere è una sensazione bellissima", dice Luisa. "Ed è la giusta ricompensa di tutti gli impegni dentro e fuori dal campo", aggiunge Donato. Per loro la vittoria è un punto di partenza, mai un traguardo.
Il valore della condivisione
Ha la
Si unisce a gruppi di pazienti online e trova conforto incontrando chi vive la stessa lotta. "Incontrare altri pazienti è stato fantastico", racconta Ann che è diventata l'anima di un progetto per trovare e far incontrare famiglie di pazienti con la IPF.
"Non devi sentirti solo", aggiunge Ann che, con determinazione, ha imparato che la condivisione e la solidarietà sono una grande forza per fare un passo fuori dall'isolamento. Perché il concetto di malattia "rara" non deve né definire le persone, né tantomeno farle sentire sole.