Unici, come tutti: se la malattia è rara non significa essere invisibili

Il 28 febbraio è la Giornata delle Malattie Rare, un giorno dedicato alla consapevolezza su circa 10.000 patologie che colpiscono in media un paziente ogni 2.000 persone. Qual è il loro impatto nel quotidiano di chi ci convive? Lo raccontano i diretti interessati con 5 storie vere

Anna Sofia è una bambina perfetta. Come tutti i neonati sanno essere. Un mix di mamma e papà. Con una gioia di vivere contagiosa, perché ogni giorno è fatto di nuove scoperte. Per lei e per i genitori. Le sue manine curiose cercano di afferrare i pupazzi, le campanelle, una mano. 

Anna Sofia è una bimba precoce, attenta e sempre pronta a esplorare e imparare. Dorme profondamente, nemmeno si sposta nella culla. La trovano sempre nello stesso posto. La sua esplosione di vita merita un sonno rigenerante. I bimbi crescono in un attimo. Tra qualche settimana comincerà a gattonare, a stare in piedi, a fare i suoi primi passi. Correrà verso le braccia di mamma e papà.

Ma a due anni ancora non cammina. Anna Sofia dice le prime parole ed è sempre una bambina curiosa e intelligente. Ma non muove le gambe. “È normale, ogni bambino ha i suoi tempi”, dicono i pediatri. Ma c'è qualcosa di diverso, che non si riesce a cogliere. Si fanno esami, controlli e i mesi passano. Poi ancora nuovi esami e nuovi specialisti.

Atrofia muscolare spinale,Quello che nessun genitore vuole sentirsi dire: “Malattia rara, malattia incurabile”. Questa è la diagnosi: una condizione genetica che cambia la vita della famiglia. Ma i genitori di Anna Sofia non si arrendono: non possono farsi bloccare dalla paura, né tantomeno dalla tristezza. Iniziano così a studiare, a informarsi, a cercare risposte. I medici diventano alleati per cercare di fare un passo avanti, anche piccolo. Per non restare prigionieri di una definizione.

Anna Sofia entra in un programma sperimentale. È tra i primi cinque bambini in Italia a ricevere un farmaco innovativo. Quello che per i genitori è il “farmaco della speranza”. E così, giorno dopo giorno, Anna Sofia comincia a muovere le gambe, che non aveva mosso prima. I progressi sono lenti, ma costanti. 

La speranza di andare oltre la malattia rara cresce con lei. Grazie alla scienza e alla ricerca ogni passo di Anna Sofia è un passo avanti verso un futuro senza resa.

Una vacanza speciale

E poi c’è la storia di Mattia, ma anche di Giovanni, Lorenzo, Samuele, Pietro, Nicola… Una colonia, estiva per l’appunto: quella dove questi bambini sono venuti a mostrare il loro coraggio: trascorrere una settimana lontano dalle loro famiglie e giocare a più non posso tra pallone e piscina. Arrivano da città diverse, scuole lontane, paesi talvolta sconosciuti ma hanno tutti un obiettivo: vivere il maggior numero di avventure quotidiane. Tra queste, anche una cosa nuova da imparare, importantissima: gestire in autonomia una patologia che colpisce solo i maschi fin dall’età pediatrica e che fino a qualche anno fa li faceva tenere lontani da attività ricreative ed esperienze lontane dal nido di casa per via dei rischi legati anche solo a un livido o a una sbucciatura. Prima Matteo, poi Gabriele e anche Vittorio hanno affrontato in autonomia questa esperienza per poter vivere ognuno la propria vita speciale, fatta di cose speciali, come una vacanza in collina in piena estate a giocare come tutti i bambini, nella sicurezza di un centro specializzato e nella consapevolezza di terapie sempre più mirate. Così, nella stagione in cui tutto è possibile, è possibile anche sperimentare la propria unicità nell’affrontare tutti insieme qualcosa di raro, che può non essere però totalizzante.

Essere unici, sempre e comunque

Mai da sola: Chiara è sempre con qualcuno. Cinema, karaoke, shopping e cene fuori. Anche le vacanze. Una ragazza giovane e che si gode la vita. Ma prima di iniziare qualsiasi progetto ha bisogno di una lista di tutti i bagni accessibili.


ha la SMA, l'atrofia muscolare spinale: una malattia rara diagnosticata in età pediatrica. "Non ho ricordi della mia vita senza la sedia a rotelle". Ma questa condizione non l'ha resa una persona immobile nella società: è psicologa e lavora nei servizi sociali. 

"Ho solo bisogno di avere qualcuno al mio fianco per aiutarmi quando devo salire le scale, andare in bagno e mangiare", racconta. Tutto questo però non la ferma e non la fa sentire in imbarazzo e ha un grande insegnamento da dare a chi le sta vicino: "Non posso abbracciare le persone quando voglio, ma posso aiutarle spiegando come possiamo fare le cose insieme".

Essere unici come persone, non perché pazienti di una patologia rara. La storia di
ci racconta di una ragazza - anche lei con la SMA - che è una campionessa di drone racing, la Formula 1 dei droni. Si pilotano a tutta velocità lungo un percorso fatto di ostacoli da superare e cambi di direzione. 

"Credo sia l'unico sport che mette tutti sullo stesso piano, non ci sono più differenze, non esistono più le categorie uomini o donne, persone normodotate... questa etichetta così strana". Anche l'esperienza sportiva di Donato nel powerchair football, che si pratica guidando carrozzine elettriche e sfidandosi con una palla a suon di gol, è segnata dalla passione. E dalla voglia di stare insieme agli amici e ai tifosi. 

"Se vuoi giocare anche tu dovrei spezzarti le gambe!", scherza Donato, che poi torna serio: "Questo sport è assolutamente inclusione". Persone uniche, non perché portatrici di una malattia rara come la SMA bensì perché la loro determinazione li rende unici. E vincenti. 

"Vincere è una sensazione bellissima", dice Luisa. "Ed è la giusta ricompensa di tutti gli impegni dentro e fuori dal campo", aggiunge Donato. Per loro la vittoria è un punto di partenza, mai un traguardo. 

Il valore della condivisione


ricorda bene quando cercava di zittire una tosse secca mangiando caramelle. Dopo dieci anni di diagnosi errate e un ricovero in ospedale un medico le dice: "Non hai un tumore ai polmoni". Chi non tirerebbe un sospiro di sollievo a questo punto? Solo che Ann e suo marito ricevono una diagnosi in un certo senso peggiore (se ha senso una classifica in questo ambito). 

Ha launa pneumopatia genetica rara per la quale il medico, dopo la conferma di ulteriori indagini, dice chiaramente che non c'è cura: solo ossigeno per respirare. Una diagnosi devastante, ma Ann decide di non arrendersi. Inizia a cercare informazioni online, per scoprire che la fibrosi polmonare idiopatica colpisce molte persone, soprattutto dopo i 65 anni, ma di essa si ha pochissima consapevolezza. E quindi pochissimo supporto.

Si unisce a gruppi di pazienti online e trova conforto incontrando chi vive la stessa lotta. "Incontrare altri pazienti è stato fantastico", racconta Ann che è diventata l'anima di un progetto per trovare e far incontrare famiglie di pazienti con la IPF. 

"Non devi sentirti solo", aggiunge Ann che, con determinazione, ha imparato che la condivisione e la solidarietà sono una grande forza per fare un passo fuori dall'isolamento. Perché il concetto di malattia "rara" non deve né definire le persone, né tantomeno farle sentire sole.

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