Da un lato, si registrano trend positivi su prevenzione, diagnosi e trattamenti precoci e presa in carico all’interno di unità specializzate come le Breast Unit. Chi è in cura per un tumore al seno sente però il bisogno di un approccio maggiormente integrato da parte di un team multidisciplinare di specialisti, sostegno psicologico e percorsi più efficienti nei day hospital.
Questo quadro si delinea chiaramente grazie ai risultati di IN CONTATTO1, iniziativa promossa online dalle 45 associazioni del gruppo La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere. Attraverso un questionario a cui era possibile accedere dalla pagina Facebook del gruppo stesso, è stata redatta un’indagine che ha restituito il quadro delle esperienze e dei bisogni manifestati dai pazienti con diagnosi di tumore alla mammella.
Il questionario è stato compilato da 223 fra gli iscritti alla pagina: donne (99% dei rispondenti) e uomini impegnati in un percorso di cura per un tumore al seno già diagnosticato. Le risposte danno conto in maniera sensibile di quelli che sono gli aspetti che i pazienti vorrebbero veder migliorare nella loro esperienza quotidiana.
Tra i fattori che colpiscono di più, c’è la consapevolezza rispetto alla salute del seno: segno che ha funzionato la comunicazione capillare, costante, addirittura pervicace, che è stata attivata negli anni e che è stata mantenuta viva – nonostante alcuni gap e ritardi - anche nei periodi più bui della pandemia.
Oltre la metà dei rispondenti all'indagine (54%) aderisce con costanza a programmi di screening gratuiti offerti dal Sistema Sanitario Nazionale. Il 24,7% dichiara invece di partecipare, ma non in modo costante (12,6%) o addirittura di non aver ricevuto alcuna comunicazione dalla ASL di appartenenza sulla possibilità di aderire a programmi di prevenzione del tumore della mammella (12,1%). Rimane un residuo 11,7% di persone che non rientra nella fascia d’età prevista per lo screening (tra i 50 e i 69 anni, ma in alcune Regioni si sperimenta tra i 45 ed i 74 anni).
Per quanto riguarda le buone pratiche di autoesame (attraverso l’autopalpazione), da fare una volta al mese, il 43% del campione dichiara di effettuarlo regolarmente, il 38,1% lo effettua di rado mentre il 18,8% non lo ha mai eseguito.
C'è ancora da fare se analizziamo, però, i dati relativi alla frequenza della visita senologica: il 40,8% del campione dichiara di sottoporsi una volta l’anno; il 26% lo fa ogni due anni; circa il 30% “mai” o “raramente”.
Roche è impegnata da oltre 30 anni nella ricerca sul tumore al seno, con l'obiettivo di aiutare il maggior numero possibile di persone con questa patologia. La prevenzione, i test diagnostici e le terapie innovative hanno fatto compiere passi avanti rivoluzionari in questo ambito dell'Oncologia. Non solo. La nostra ambizione è quella di fornire a ciascun paziente il trattamento giusto al momento giusto, facilitando l’accesso alle innovazioni terapeutiche e tecnologiche. Collaboriamo quotidianamente con tutti gli operatori del settore per contribuire, inoltre, a migliorare alcuni importanti aspetti degli attuali percorsi di diagnosi e cura, sui quali siamo impegnati in prima linea e che si confermano cruciali anche dalla fotografia emersa grazie all’indagine.
1. Diagnosi e trattamenti in fase precoce
La survey conferma un riscontro positivo legato alla sensibilizzazione della popolazione rispetto ai sintomi della malattia, che porta a una scoperta in fase precoce del tumore mammario e questo impatta positivamente sulla prognosi della malattia. Al momento della diagnosi, la malattia era in fase iniziale in oltre l'85% dei rispondenti, mentre era in fase avanzata nell’11,2% e diffusa ad altri organi in un residuo 3,1% del campione.
2. Presa in carico all’interno delle Breast Unit
Circa una donna su 2 dichiara di essere stata presa in carico all’interno di una Breast Unit (49%). Una quota significativa, invece, non accede a strutture specializzate come le breast unit, ma viene presa in carico da un reparto oncologico nel 33% dei casi, mentre il 13% dei rispondenti dichiara di essere stato assistito all’interno di un reparto di chirurgia generale.
3. Cure innovative e personalizzate
Il trattamento di prima battuta è la chirurgia per il 71,7% del campione, seguito dalla terapia ormonale (64,1%), dalla radioterapia (63,7%), dalla chemioterapia (44,8%), dai farmaci a bersaglio molecolare (11,2%) e dall’immunoterapia (10,3%). Le terapie sono, inoltre, sempre più targettizzate, utilizzate in combinazione e facili da somministrare per favorire l’adesione ai trattamenti e le cure a domicilio: il 65,5% del campione assume terapie orali, il 26% farmaci per via endovenosa e l’8,5% farmaci in formulazione sottocute.
4. Multidisciplinarietà
Rispetto al percorso di cura, l’esigenza avvertita in maniera preponderante - lo dice quasi il 40% delle risposte - è la presenza di un team di specialisti per un approccio integrato alla persona.
5. Il “fattore umano”
Dall’indagine IN CONTATTO emerge inoltre che i pazienti vorrebbero che ci fosse più tempo per parlare con i medici che li seguono: un aspetto che, quando manca, soprattutto all’inizio, può acuire la preoccupazione e la sensazione di difficoltà. A questo si accompagna il bisogno di un supporto psicologico, comprensibile di fronte a ogni cambiamento e ancor più in una situazione di incertezza, per molti aspetti fuori dal controllo della propria volontà. I rispondenti al questionario evidenziano, tra i need più sentiti: colloqui più lunghi con i medici curanti (29,1%), maggiore informazione sulla malattia e le terapie (23%), sostegno psicologico (20,6%), percorsi più facilitati in ambulatorio e day hospital (11,7%) e maggiori informazioni sui centri di riferimento (7,2%).
Queste aree di miglioramento confluiscono nella sensazione che si possa fare di più per garantire un approccio integrato alla malattia, in modo che le persone siano al centro di un continuum di cura, non di un percorso segmentato.
Ecco dunque dimostrato il ruolo chiave del “fattore umano”, inteso come la differenza che solo le persone possono fare: i pazienti, nel modo in cui affrontano in prima persona le cure; i medici che comunicano le diagnosi e propongono i percorsi terapeutici; i sanitari che gestiscono le somministrazioni e i controlli. Fondamentale è rafforzare la comunicazione e l'accesso a informazioni organiche e comprensibili su malattia e terapie. L’impegno di Roche si concretizza anche nell’affiancare le associazioni di pazienti in iniziative di sensibilizzazione e advocacy, come quelle sviluppate dal gruppo La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere.
Riferimenti:
IN CONTATTO, indagine quantitativa sul tumore al seno, Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”
https://www.salutebenedadifendere.it/wp-content/uploads/2024/02/REPORT_incontatto-seno3.pdf
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