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Innovazione, tutela e sostenibilità: il ruolo dell’EU Pharma Package nel futuro del settore farmaceutico

La nuova legislazione farmaceutica europea è la più ambiziosa degli ultimi vent’anni: un’occasione cruciale per modernizzare l’attuale assetto normativo, ma anche una sfida complessa. Ne parliamo con Elena Sisinni, Legal Specialist di Roche, per capire come bilanciare tutela dell’innovazione, sostenibilità dei sistemi sanitari e accesso equo ai farmaci.

Il 19 giugno 2025 si è tenuto a Milano il convegno “Cosa cambia nel Diritto del Farmaco? L’EU Pharma Package e gli sviluppi antitrust”, organizzato dallo studio legale Legance, un momento di confronto importante tra istituzioni, industria ed enti regolatori. Al centro del dibattito, la riforma della normativa farmaceutica europea, la più radicale degli ultimi vent’anni, che punta a ridisegnare il futuro del settore in Europa. I temi sono complessi e strettamente legati: garantire un accesso equo e tempestivo alle cure, proteggere gli investimenti in ricerca e assicurare la sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali.

Oltre a Elena Sisinni, Roche Legal Specialist, anche Ada Esposito, Counsel Legance, Enrico Costa, Direttore Settore Affari Internazionali AIFA e Stefano Svetoni, Direzione Legale, Fiscale e Compliance Farmindustria, hanno partecipato portando il loro contributo, proponendo riflessioni e punti di vista su prospettive, impatti e opportunità dell’EU Pharma Package.

La proposta di riforma della legislazione farmaceutica europea si annuncia come una delle più radicali degli ultimi decenni. Qual è la sua lettura dell’impianto complessivo?

Negli ultimi  vent’anni il settore farmaceutico è cambiato profondamente e la pandemia, in particolare, ha fatto emergere diverse criticità, come, ad esempio, il tema relativo all’accessibilità e carenze di  farmaci, ma ha anche confermato quanto l’innovazione terapeutica sia centrale per la salute collettiva. Il Pharma Package è quindi un’opportunità per rafforzare l’ecosistema europeo. La vera sfida sarà mantenere l’equilibrio tra tre pilastri: tutela dell’innovazione, sostenibilità economica e accesso alle cure davvero equo per tutti i cittadini.

Uno dei punti più discussi è la revisione della Regulatory Data Protection (RDP). Di cosa si tratta e qual è la vostra posizione?

La RDP è un diritto di proprietà intellettuale peculiare, quasi sui generis, complementare rispetto alla tutela brevettuale, il cui scopo è quello di garantire che per un determinato lasso di tempo, attualmente pari a 8 anni,  un possibile concorrente non abbia accesso ai dati clinici e pre-clinici del farmaco originator, e non li utilizzi, quindi, per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco generico o  biosimilare. È uno strumento essenziale, che estrinseca la sua massima potenzialità nei casi in cui, ad esempio, il farmaco non goda di tutela brevettuale. La proposta iniziale della Commissione Europea prevedeva di ridurre la protezione da otto a sei anni, con un sistema di incentivi complicato. Anche se Parlamento e Consiglio hanno poi adottato posizioni più moderate, riportando, ad oggi, la durata della RDP ad un livello pari a quello attuale, resta un clima di incertezza per chi investe. La RDP rappresenta, infatti, un incentivo a garantire investimenti in ricerca e sviluppo in Europa: modificarla senza una strategia chiara rischia di penalizzare la protezione dell’innovazione che la riforma intende sostenere e promuovere.

Come si concilia la tutela dell’innovazione con l’esigenza di garantire accesso equo e sostenibilità per i sistemi sanitari?

Innovazione e sostenibilità sono due temi strettamente correlati tra loro. Quando parliamo di innovazione nel settore farmaceutico, dobbiamo distinguere tra due categorie: innovazione rivoluzionaria, che modifica significativamente lo stato delle cose, rendendo terapie esistenti obsolete, , e innovazione “incrementale”, che, pur non modificando il meccanismo d’azione di un farmaco apporta miglioramenti graduali o ottimizzazioni di prodotti, processi o terapie già esistenti. Pensiamo alla diversa modalità di somministrazione di un farmaco, che si converte da endovenosa a sottocutanea: questo si traduce, per il paziente, in un significativo miglioramento della  qualità di vita e per il SSN, in un abbattimento di  costi. Un mercato che protegge l’innovazione è più attrattivo per gli investimenti e crea un circolo virtuoso che aumenta competitività e sostenibilità.

Si è parlato molto anche dell’ampliamento della cosiddetta “clausola Bolar”. Che impatto vi aspettate?

La clausola Bolar consente a terzi concorrenti di svolgere attività preparatorie e sperimentali finalizzate all’ottenimento dell’autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di un farmaco generico, anche durante il periodo di vigenza del brevetto originario, per favorire un ingresso più rapido sul mercato del farmaco generico o biosimilare. Con la pubblicazione del suo mandato, il Consiglio ha chiarito ulteriormente l’ambito di applicazione della “clausola Bolar”, che dunque viene estesa anche alla conduzione di HTA, all'ottenimento di P&R, ed alla presentazione di una domanda per gare d'appalto, purché non comporti la vendita o l'offerta di vendita.In Italia, ad oggi,  parte di queste attività sono già consentite , quindi non ci aspettiamo, per il momento, dei cambiamenti significativi o sostanziali nel nostro ordinamento. 

In conclusione, qual è il messaggio che Roche vuole portare al legislatore europeo?

Il messaggio è chiaro: proteggere l’innovazione significa proteggere la salute collettiva ed individuale e la competitività dell’Europa. Questa riforma richiede coerenza e coraggio, mantenendo la  visione d’insieme per costruire un ecosistema favorevole agli investimenti a lungo termine.