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In un contesto molto circoscritto come quello degli studi osservazionali su farmaco, queste linee guida sono importanti perché ci consentono di beneficiare di semplificazioni su regole e procedure, preservando i consueti standard di qualità nella ricerca. Esse mostrano molti segnali di apertura rispetto a temi che in precedenza l’Autorità competente non affrontava, lasciando troppo spazio alle interpretazioni. Dunque, nel complesso, le linee colmano parte del gap regolatorio tra Italia ed Europa, soddisfacendo esigenze che la comunità scientifica segnalava da anni. Da sottolineare anche come, per arrivare alla versione definitiva del testo, AIFA abbia optato per una call pubblica con i comitati etici: una scelta che evidenzia una grossa apertura e volontà di collaborazione.
Se si riuscisse a estendere questa semplificazione - come tra l'altro auspicato da AIFA - a tutta la ricerca osservazionale non farmacologica, la competitività del sistema Italia aumenterebbe tantissimo, sia in ambito profit che no profit, facendo diminuire al tempo stesso il carico di lavoro dei gruppi che si occupano di start-up.
Per chi, come me, opera in area pediatrica, è importantissima l'introduzione della possibilità di estendere la dicitura di “studio osservazionale farmacologico” anche all'osservazione di molecole somministrate in regime off label, seppure unicamente in ambito retrospettivo. Questo consentirà di avere molte più informazioni circa la safety delle molecole e di non rinunciare a preziosi dati che in passato venivano persi per una mera incongruenza tra definizione metodologica e regolatoria della ricerca.
Il sistema diventerà certamente più competitivo, con ricadute vantaggiose per tutti gli attori coinvolti. I promotori beneficeranno di un grosso taglio rispetto alle procedure richieste per l'attivazione dello studio e, nel caso delle aziende farmaceutiche, anche dei costi. I centri clinici potranno partire più velocemente, a patto di liberarsi dal refrain molto italiano "Abbiamo sempre fatto così, perché cambiare?": se l’Autorità competente ha deciso che sia sufficiente un unico comitato, non dobbiamo inventarci a posteriori nuovi documenti di fattibilità interna, richieste inutili rispetto al consenso informato, interpretazioni discordanti lato privacy... C’è un motivo per cui si dice “Less is more”. Infine, rispetto ai pazienti, è ormai accertato che dove si fa ricerca si cura meglio, quindi favorire il progresso scientifico avrà ricadute positive anche in ambito clinico. In linea con i dettami di trasparenza introdotti in Europa, il registro RSO avrà accesso pubblico e questo è un cambiamento di rilievo.
Sono tre i temi cruciali su cui è necessario lavorare, peraltro con una certa urgenza. Il primo è l'estensione delle linee guida anche agli studi osservazionali non farmacologici: una possibilità auspicata sia da AIFA, sia dal Centro di Coordinamento dei Comitati Etici ma di difficile realizzazione in mancanza di un’autorità competente (e quindi di norme) che possa agire extra farmaco. In tal senso un endorsement del Ministero della Salute e un consensus tra Regioni sarebbe cruciale. In secondo luogo, è necessario lavorare alla definizione di ‘tecnica aggiuntiva’, ancora troppo eterogenea, nebulosa e in alcuni casi interpretata in maniera eccessivamente restrittiva dagli enti valutatori. Ultimo, purtroppo non in ordine di importanza, il tema della privacy: abbiamo pagato a caro prezzo una normativa (il decreto 101/2018) che di fatto ha ristretto molto i dettami della norma europea sul tema; nonostante qualche aggiustamento in corsa, appare chiaro che la ricerca è un tema così delicato e particolare da richiedere di non applicare con il paraocchi regole nate per un contesto completamente diverso. Lungi dal voler mettere a repentaglio i diritti del paziente, non dobbiamo dimenticarci che un nostro diritto fondamentale, come cittadini, è anche quello di beneficiare del progresso scientifico.