Studi osservazionali per la competitività del Sistema salute in Italia. Le nuove linee guida di Aifa sono “un passo avanti per la ricerca e gli studi osservazionali”

Favoriscono una maggiore trasparenza e competitività del Sistema sanitario. Celeste Cagnazzo, Presidente del Gruppo Italiano Data Manager, illustra i vantaggi per promotori, team di ricerca e pazienti. E sottolinea i prossimi passi per migliorare ulteriormente il quadro normativo

Ledi Aifa su sperimentazioni cliniche e studi osservazionali farmacologici sono state accolte con grande entusiasmo in tutto il settore. Volte a creare un quadro più trasparente in merito ai dati sanitari che potranno diventare parte sostanziale della Ricerca, le linee pubblicate a fine agosto 2024 mirano a semplificare una materia delicata quanto imprescindibile. Per questo, è particolarmente importante il punto di vista in merito espresso da Celeste Cagnazzo, Presidente del Gruppo Italiano Data Manager.

Perché queste nuove linee guida sono rilevanti?

In un contesto molto circoscritto come quello degli studi osservazionali su farmaco, queste linee guida sono importanti perché ci consentono di beneficiare di semplificazioni su regole e procedure, preservando i consueti standard di qualità nella ricerca. Esse mostrano molti segnali di apertura rispetto a temi che in precedenza l’Autorità competente non affrontava, lasciando troppo spazio alle interpretazioni. Dunque, nel complesso, le linee colmano parte del gap regolatorio tra Italia ed Europa, soddisfacendo esigenze che la comunità scientifica segnalava da anni. Da sottolineare anche come, per arrivare alla versione definitiva del testo, AIFA abbia optato per una call pubblica con i comitati etici: una scelta che evidenzia una grossa apertura e volontà di collaborazione.

E questo cambiamento che tipo di prospettive apre?

Se si riuscisse a estendere questa semplificazione - come tra l'altro auspicato da AIFA - a tutta la ricerca osservazionale non farmacologica, la competitività del sistema Italia aumenterebbe tantissimo, sia in ambito profit che no profit, facendo diminuire al tempo stesso il carico di lavoro dei gruppi che si occupano di start-up.

Nel suo lavoro che cosa cambia, concretamente?

Per chi, come me, opera in area pediatrica, è importantissima l'introduzione della possibilità di estendere la dicitura di “studio osservazionale farmacologico” anche all'osservazione di molecole somministrate in regime off label, seppure unicamente in ambito retrospettivo. Questo consentirà di avere molte più informazioni circa la safety delle molecole e di non rinunciare a preziosi dati che in passato venivano persi per una mera incongruenza tra definizione metodologica e regolatoria della ricerca.

Quali sono i vantaggi per il sistema, per i team di ricerca e per i pazienti?

Il sistema diventerà certamente più competitivo, con ricadute vantaggiose per tutti gli attori coinvolti. I promotori beneficeranno di un grosso taglio rispetto alle procedure richieste per l'attivazione dello studio e, nel caso delle aziende farmaceutiche, anche dei costi. I centri clinici potranno partire più velocemente, a patto di liberarsi dal refrain molto italiano "Abbiamo sempre fatto così, perché cambiare?": se l’Autorità competente ha deciso che sia sufficiente un unico comitato, non dobbiamo inventarci a posteriori nuovi documenti di fattibilità interna, richieste inutili rispetto al consenso informato, interpretazioni discordanti lato privacy... C’è un motivo per cui si dice “Less is more”. Infine, rispetto ai pazienti, è ormai accertato che dove si fa ricerca si cura meglio, quindi favorire il progresso scientifico avrà ricadute positive anche in ambito clinico. In linea con i dettami di trasparenza introdotti in Europa, il registro RSO avrà accesso pubblico e questo è un cambiamento di rilievo.

Quali sono i prossimi passi da compiere?

Sono tre i temi cruciali su cui è necessario lavorare, peraltro con una certa urgenza. Il primo è l'estensione delle linee guida anche agli studi osservazionali non farmacologici: una possibilità auspicata sia da AIFA, sia dal Centro di Coordinamento dei Comitati Etici ma di difficile realizzazione in mancanza di un’autorità competente (e quindi di norme) che possa agire extra farmaco. In tal senso un endorsement del Ministero della Salute e un consensus tra Regioni sarebbe cruciale. In secondo luogo, è necessario lavorare alla definizione di ‘tecnica aggiuntiva’, ancora troppo eterogenea, nebulosa e in alcuni casi interpretata in maniera eccessivamente restrittiva dagli enti valutatori. Ultimo, purtroppo non in ordine di importanza, il tema della privacy: abbiamo pagato a caro prezzo una normativa (il decreto 101/2018) che di fatto ha ristretto molto i dettami della norma europea sul tema; nonostante qualche aggiustamento in corsa, appare chiaro che la ricerca è un tema così delicato e particolare da richiedere di non applicare con il paraocchi regole nate per un contesto completamente diverso. Lungi dal voler mettere a repentaglio i diritti del paziente, non dobbiamo dimenticarci che un nostro diritto fondamentale, come cittadini, è anche quello di beneficiare del progresso scientifico.

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